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Aung San Suu KyiIn questi giorni si stanno tenendo le tanto attese elezioni nel paese del Myanmar e, secondo i dati forniti dalle maggiori testate giornalistiche internazionali, il paese sta registrando una vera e propria rivoluzione politica, perché il partito Lega Nazionale per la Democrazia avrebbe conquistato il 70% dei favori del popolo. Perché questa notizia è così speciale e positiva per il mondo intero? Sappiamo che il Myanmar è una nazione piccola ma strategica e il suo nome è strettamente legato alle vicende di cronaca che hanno interessato l’arresto e la detenzione della sua leader, Aung San Suu Kyi.

Ebbene, la leader potrebbe di rigore avere vinto le elezioni popolari nel suo paese e quindi salire al governo della stessa nazione che l’ha imprigionata e che ha violato i diritti internazionali nel corso degli anni. La premier ha quindi richiamato i suoi fedeli ad un cauto ottimismo, affermando di non avere ancora vinto le elezioni, perché i primi dati parziali saranno diffusi nel corso del 9 novembre, ma i risultati certi delle elezioni arriveranno solo alla conclusione dello spoglio delle schede, il quale richiederà dei tempi tecnici non indifferenti.

La vittoria di Aung San Suu Kyi è stata confermata dagli esponenti del suo partito, i quali hanno dichiarato di avere raggiunto nelle varie parti del paese la quota del 70%, importante per poter governare con il massimo dei voti e in modo democratico. Lo statuto del Myanmar richiede, infatti, che vi sia una percentuale di voti del 67% al leader politico, al quale si aggiunge il 25% che per legge viene assegnato al governo militare. La vittoria sarebbe quindi schiacciante, vista anche l’ammissione di sconfitta da parte del partito finora al governo, l’Usdp. La notizia della ammessa sconfitta è stata infatti data con un tweet dall’emittente nazionale cinese Cctv.

erdoganIn questo caldo week end autunnale si sono tenute le elezioni politiche in Turchia. Si è trattata di una vittoria netta, chiara e decisamente significativa, che ha portato al successo il partito di Recep Tayyip Erdogan, il quale ha conquistato la maggioranza assoluta al parlamento turco. L’Akp ha infatti sfiorato il 50% dei consensi aggiudicandosi ben 315 seggi su 550, ovvero quaranta più del necessario per poter governare il paese turco in totale autonomia. Si è trattato di un risultato eclatante, che però non permetterà al partito di poter modificare la Costituzione turca, solo per 15 voti, in quanto la modificazione della Carta richiede questo minimo per poter essere eseguita.

In ogni caso, Erdogan ha vinto su tutti i fronti la sua scommessa, chiamando il popolo turco a votare a soli 5 mesi dal suo mandato. Nelle elezioni di luglio, il suo partito non era infatti riuscito ad ottenere per la prima volta la maggioranza assoluta, e questo aveva spinto il leader turco a chiamare alle urne ai cittadini, visto anche il mancato accordo con le forze di coalizione. Ora la Turchia può contare su un governo coeso e soprattutto popolare, in quanto l’affluenza alle urne è stata altissima e ha rivelato l’attenzione turca sul tema politico. A votare sono stati, infatti, 54 milioni di cittadini, ovvero l’87.2% della popolazione nazionale.

Il presidente Erdogan non può che definirsi soddisfatto del risultato ottenuto e ha dichiarato la volontà del paese di poter contare su un governo stabile e integro. Erdogan ha quindi emesso un comunicato via e-mail, nel quale ha manifestato la sua felicità, ringraziato gli elettori e puntato il dito contro le carneficine che in questi mesi hanno insanguinato il suo paese, dichiarando che ora la Turchia è uno Stato forte e integro, che saprà contrastare questi episodi con la forza della democrazia.

polonia_675La Polonia cambia faccia, e si prepara a dire addio agli otto anni del governo liberal di Platforma, durante i quali il paese è cresciuto del 50% e ha saputo tenere testa alle richieste di ‘conti in ordine’ dell’Europa. Le elezioni politiche che si sono svolte questo fine settimana hanno infatti decretato la schiacciante vittoria dei nazionalconservatori di Prawo i Sprawiedliwosc, spalleggiati da PiS, e dal controverso Diritto e Giustizia, il partito il cui leader storico Jaroslaw Kaczynski è visto come una delle figure più euroscettiche di tutto il panorama politico europeo.

Il partito potrà governare da solo, in quanto ha ottenuto più della metà dei seggi della Dieta polacca e nessuna forza di sinistra è riuscita ad affacciarsi al nuovo Parlamento. La scelta polacca è stata quindi univoca e ha dimostrato la ‘stanchezza’ ideologica registrata negli ultimi mesi nel popolo. Secondo l’esponente del PiS, la Polonia desidera infatti un’Europa che funzioni a dovere e una Germania che sia in grado di ammettere i propri errori e di non proporsi come regina incontrastata delle forze europee, perché in realtà potrebbe non esserlo affatto.

Queste le parole dei leader freschi di vittoria, che hanno quindi ribadito la loro posizione euroscettica. La Polonia non fa parte attualmente dell’Eurozona, ma per vastità del territorio e peso economico si propone come uno degli Stati più strategici e influenti dell’est Europa. Il timore di Bruxelles e della stessa Bce è quindi alle stelle, perché l’avvento di un governo euroscettico non può avvicinare la forza polacca alle decisioni europee e sposta l’ago della bilancia verso un nazionalismo più radicato rispetto al passato.

In patria le elezioni hanno decisamente dimostrato il volere dei più, ma fra le righe dei quotidiani locali si legge una certa perplessità nei confronti delle classi dirigenti. La Polonia si sta infatti interrogando se le elezioni seguiranno un cambiamento generazionale di grande portata, con l’avvento di facce nuove e moderate come la futura premier Beata Szydlo o il presidente Andrzej Duda, e si chiedono se Jaroslaw Kaczynski sarà ancora il punto di riferimento intoccabile dal quale tutta la politica polacca dovrà ‘passare’ per vivere il suo corso attuale.

elezioni svizzeraCosì vicina, ma al contempo così lontana, la Svizzera è chiamata in questi giorni alle urne per eleggere le due Camere che compongono il suo Parlamento, ovvero il Consiglio degli Stati, i Cantoni, e il Consiglio Nazionale. Le urne si sono chiuse domenica alle ore 12.00 e secondo le prime proiezioni le elezioni avrebbero registrato un’avanzata senza precedenti della destra populista anti immigrati, il partito Udc-Svp.

La notizia è stata diramata da Ticino News nella regione dell’Argovia, dove le urne si sono chiuse per prime e dove il partito populista avrebbe registrato una vittoria schiacciante. Un altro forte segnale è giunto dal cantone dei Grigioni, dove sembra essersi assestata la vittoria di Magdalena Blocher, figlia del fondatore del partito populista Christophe Blocher e già diventata per tutti la nuova Marine Le Pen.

Secondo le prime proiezioni, la Svizzera sta quindi registrando uno spostamento significativo verso la destra nazionale, con l’Udc-Svp che si assesta al 28%, guadagnando l’1.8% rispetto alle elezioni del 2011 e il partito socialista, seconda forza del paese, fermo allo 18.6% e quindi in perdita rispetto alle precedenti elezioni dello 0.1%.

La vittoria della destra nazionalista potrebbe essere dovuta alla scelta di improntare la campagna elettorale su un unico argomento, quello dell’immigrazione, quindi la vittoria alle recenti elezioni potrebbe spostare significante l’ago della bilancia verso destra e permettere a Christophe Blocher di guadagnare la maggioranza dei seggi nel paese elvetico.

Nel frattempo, la Svizzera e l’Europa intera attendono l’esito di queste elezioni, aperte giovedì nei cantoni più popolosi e proseguite fino a ieri all’ora di pranzo. Successivamente i cittadini elvetici saranno chiamati a votare il Consiglio Federale nella giornata del 7 dicembre, quindi i risultati di questa prima tornata saranno significativi della proiezione politica di questo Stato, così piccolo ma così potente e strategico dal punto di vista geografico.

grillo_beppe_fb1--400x300Nell’intervista al Corriere della Sera di ieri, Martin Schulz ha paragonato Grillo a Stalin e Chavez, giudizio forte che ha punto sul vivo il comico genovese,  così in tarda serata il leader dei pentastellati ha risposto. “Martin Schulz – scrive Grillo- ormai sta facendo campagna elettorale in Italia  per il PD. Ieri a Firenze nella patria dell’Ebetino ha rilasciato una lunga intervista a Aldo Cazzullo,detto doppia lingua felpata, nella quale ha paragonato Grillo a Stalin. Schulz dovrebbe ricordarsi che l’accordo con Stalin lo fece la Germania di Hitler con il patto Molotov-Ribbentrop che precipitò il mondo nella seconda guerra mondiale.” Grillo incalza ancora Schulz, colpevole di aver insultato “con il suo linguaggio” milioni di italiani che hanno dato il voto ai cinque stelle. Grillo si ritrova per la prima volta a dare ragione a Silvio Berlusconi. “Silvio non aveva tutti i torti a chiamarlo kapò, anche se assomiglia di più a un krapò, nel senso di crapun, crapa dura con il chiodo sull’elmetto che non tiene vergogna a sparare cazzate. Il krapò Schulz, continua Beppe, ha detto che Grillo è soltanto vento. In parte è vero. Il M5S è un vento del sud che sta arrivando a Bruxelles, il krapò si tenga forte, potrebbe essere un’uragano”. Secondo gli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto il dato più evidente che emerge è l’alta percentuale degli indecisi, oltre che di tantissimi  intenzionati ad astenersi. E’ tutto un’incognita!!!!

Elezioni – E’ partita la sfida finale per la conquista del Campidoglio che vede come protagonisti Ignazio Marino e Gianni Alemanno. Sarà ballottaggio tra i due, nonostante il forte calo di affluenza al voto che si è verificato nella Capitale. Rispetto al 2008, si sono persi oltre 20 punti percentuali. Hanno votato il 52,8% contro il 73,52% di cinque anni fa.

Elezioni – molte le schede vuote

Marino è in testa con il 42,61% dopo lo scrutinio nelle 2600 sezioni di Roma, Alemanno segue con il 30,28%. Dietro di loro troviamo De Vito con il 12,44% e Marchini con il 9,49%. Molto più distaccati Sandro Medici e Alfonso Luigi Marra, che fanno segnare rispettivamente il 2,23 e l’1,19% di voti. Per quanto riguarda i partita, il PD è in testa con il 26,3%, segue il PDL al 19,2%, crolla il M5S al 12,8%.

Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, a margine del question time alla Camera, in merito all’election day ha dichiarato: “L’ipotesi su cui stiamo lavorando di più è quella del 17 febbrario, ma è una data ‘sub judice’ perché tutto dipende dallo scioglimento delle Camere. Fatto lo scioglimento è quasi automatico fissare la data del voto perché ci sono dei tempi tecnici”. Il ministro dell’Interno ha poi aggiunto a proposito delle regionali del Lazio che è necessario attendere il Tar. Il tempo per la raccolta delle firme necessarie alla presentazione delle liste per le prossime elezioni è scarso e potrebbe rappresentare un problema per le forze politiche. “Lo scioglimento anticipato delle Camere, tuttavia, già comporta il dimezzamento del numero di firme necessarie”.

 

Rispondendo alla domanda se ci sarà un intervento del governo che faciliti la raccolta delle firme, la Cancellieri dichiara: “È un argomento che non abbiamo ancora affrontato, possiamo fare un’ulteriore riflessione ancora”. Il ministro Cancellieri ha poi ribadito a proposito della presentazione delle liste elettorali – “C’è già una legge che prevede, in caso di elezioni anticipate, il dimezzamento delle firme necessarie”.