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L’Europa, quel gioco di specchi politico, sempre meno economico

Abbiamo imparato a distinguere, con una certa lungimiranza, tra motivazioni di opportunità politica e ragioni di opportunità economica, il che non è lo stesso.
Ora riflettiamo, un attimo, sull’ingresso del 19° paese nell’Unione Europea. Voi siete veramente sicuri che le seconde prevalgano sulle prime? Se ci pensiamo, di comune intesa, sta aumentando il dialogo con l’Europa di tutti i neo-dissidenti con la Russia, tutti quei paesi che ancora si stanno rialzando da situazioni di interdipendenza economica con il gigante sovietico (ex Urss). A prescindere dalle posizioni di contrapposizione “politica”, pensiamo un po’ alle istanze egemoniche di Kiev. L’area baltica non è immune da tali regole del gioco.
Rappresenta o no l’Europa un “bocconcino” allettante, almeno se si ha ingordigia, con i fondi europei destinati ai neo-membri che abbiano rispettato le regole di adesione al patto? E su quest’ultimo punto, non è detto che le economie stiano seguendo delle orme strutturalmente “solide”. Abbiamo già assistito a tanti “trucchetti contabili” (Grecia compresa, pur di rientrare sullo scenario di borsa e molti hanno persino pensato che il movente dell’incendio della Norman Atlatic fosse quello del terrorismo politico, visti i climi di tensione post Europa e pre-elezioni)ed all’illusione del Pil che non riflette mai l’effettiva crescita dell’economia, dipendendo molto anche dall’influsso della bilancia commerciale.
La Lituania, l’Estonia e la Lettonia, il cosiddetto terzetto baltico, è in rapporti di “buon vicinato” con l’Europa e ha come voltato le spalle, politicamente ed economicamente parlando, alla matrigna Russia.
Questo fin quando si ha ingordigia…poi subentra la sazietà e si cominciano a tirare i conti degli eccessi: fastidiosi bruciori di stomaco. Quelli che noi abbiamo avuto quando i prezzi sono aumentati, all’indomani della conversione (ve li ricordate? 1 euro=1936,27), senza che ciò abbia comportato un aumento dei salari nominali, per tenere intatto il livello del potere d’acquisto. Quel deprezzamento dell’economia interna che è quasi una caratterista indotta dal passaggio alla moneta unica, secondo un artificio contabile.
Ci vogliono 3,45289 lita per ottenere 1 euro. Qual è la differenza con la lira che potrebbe, però, nostro malgrado non causare lo stesso effetto spirale-inflazione? I centesimi. In Italia non c’eravamo abituati, né all’atto della vendita né all’atto dell’acquisto: vi erano le 50 lire, le 100 lire, le 200 lire e direttamente le 500 lire. Scarti di grandezza di scala abbastanza elevati. Non per la lita dove gli ordini di grandezza in centesimi esistono già e si parte da monete da 1 centas. Quindi, i consumatori lituani si renderebbero conto abbastanza presto se i prezzi aumentano. A nostra differenza, noi ce ne siamo resi conto solo all’ultimo, dato che 1 euro sembrava poco, ma non era tale se prima per la stessa cosa si spendeva all’incirca la metà, a parità di stipendio. Quest’ultimo è stato, invece, convertito alla perfezione e non che vi sia stato il dovuto ri-adeguamento dei salari, sulla base della crisi industriale, ormai causata dal crollo dei consumi. Inutile parlare di uscita dall’Europa, semmai bisogna cercare delle alternative valide sul piano interno e della cooperazione internazionale, affinché l’influenza economica dell’Italia non diminuisca, soprattutto sul piano delle relazioni commerciali: unico segreto per rientrare a stampare una moneta, magari in doppio corso monetario, che sia prima di tutto accettata, il che non è scontato.