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Italia

appleLa partita fra il colosso di Cupertino e il fisco italiano sembra essersi conclusa, in quanto Apple era stata accusata dallo Stato di avere sottratto ingenti somme alle agenzie delle entrate, vendendo i suoi prodotti in tutto il paese, ma fatturando in Irlanda, paese dove le società godono di un’aliquota vicina allo zero. Negli ultimi sette anni di attività, i ricavi del gruppo hanno ‘sulla carta’ superato di poco i 30 milioni di euro, ma nella realtà si tratterebbe di una cifra che arriva a toccare il miliardo di euro complessivo.

Apple, come accade per tante società, non fattura i suoi prodotti come Apple Italia Srl, ma mediante una società di facciata che è accreditata come una semplice consulente e che fa parte della società irlandese Apple Sales International. Si tratta di una struttura che opera stabilmente nel nostro paese, ma che è alle dipendenze fiscali di paesi quali l’Irlanda e gli Stati Uniti.

Il contenzioso ha interessato ben 880 milioni di Ires evasi fra il 2008 e il 2013 e l’indagine condotta dall’agenzia delle entrate ha svelato un trucchetto che era ben conosciuto da tutti, portandolo a livello legislativo. Anche se le vendite vengono realizzate nei vari paesi del mondo, le società schermo di Apple svolgerebbero infatti solo attività di consulenza e ad esse verrebbero riconosciuti dei ricavi pari solo ai costi di gestione, mentre i veri utili andrebbero a finire in Irlanda, dove grazie a degli accordi fra i governi le aliquote fiscali sono prossime allo zero. L’inchiesta ha quindi puntato il dito su questa discrepanza e si è promossa di dimostrare che le società irlandesi sono un vero e proprio terminale per i pagamenti, mentre le vendite vengono di fatto realizzate nel nostro paese e poco c’entra l’attività di pura consulenza.

La consulenza sarebbe infatti una minima parte delle attività svolte dalle società Apple in Italia, che nella realtà lavorano per vendere, seguire il ciclo di acquisto e anche di scontistica dei prodotti in ogni singola fase. Si tratterebbe di una struttura molto ben pensata, che in Italia come nel resto del mondo ha permesso al colosso di Cupertino di evadere sulla carta le tasse e di non portare benessere e ricchezza al paese sebbene sia uno Stato nel quale vende ed opera attivamente.

Le tasse dovranno quindi essere pagate, perché l’inchiesta ha dato ragione al fisco italiano e Apple dovrà quindi versare quanto dovuto all’erario, con felicità dei vertici politici, che sono riusciti a racimolare molte somme da destinare ad altre opere nel corso dell’anno.

cambiamento climaticoSono stati resi noti i dati contenuti nel rapporto dei 58 paesi che rappresentano il 90% delle emissioni di gas nel mondo, curato dall’associazione Germanwatch. Si tratta del Climate Change Performance Index, un report che contiene le politiche adottate dai singoli Stati, le qualità dei livelli di emissioni e i tassi di energia rinnovabile che interessano i vari paesi. Il problema climatico che sta affondando il pianeta può quindi contare su dati certi, descritti in un report che mostra i punti deboli e i punti di forza delle singole nazioni.

Il report non ha messo nessuno sul podio, e il quarto posto è stato aggiudicato dalla Danimarca, Stato da sempre virtuoso sotto il punto di vista della salvaguardia dell’ambiente, ma che alla luce delle ultime restrizioni ambientali volute dal governo di centro destra ha fatto un bel passo indietro rispetto al passato. Segue la Gran Bretagna, nazione dove le notizie positive arrivano dalla volontà di voler chiudere le centrali alimentate da carbone nell’arco dei prossimi dieci anni e che dimostra però un buon taglio delle emissioni di Co2 a causa della delocalizzazione industriale che il paese sta vivendo.

Interessante è la lettura del rapporto per quanto riguarda i paesi arabi, in quanto il primo paese extraeuropeo che si incontra in classifica è il Marocco, piazzato al 23esimo posto in quanto forte di una legge che vuole imporre il 42% di energia come frutto delle rinnovabili. All’ultimo posto della classifica si è invece posizionata l’Arabia Saudita, decisa a sfruttare il suo petrolio fino all’ultima goccia, ma che si sta avvicinando alla concezione delle energie rinnovabili seppur con lentezza.

E l’Italia? La nostra nazione si è posizionata all’undicesimo posto nella classifica, forte di un sesto posto conquistato nell’impiego delle energie rinnovabili, ma penalizzata da un 51simo posto ottenuto per il giudizio sulle politiche energetiche nazionali. L’Italia ha decisamente centrato gli obiettivi del protocollo di Kyoto, riducendo le emissioni del 20% e curando la crescita economica nel settore delle energie rinnovabili. Questo fatto ha condotto la nostra nazione ad aggiudicarsi un posto notevole nella classifica dei paesi virtuosi, ma che si propone solamente come l’inizio di una continuità che chiede di essere portata aventi e monitorata nel corso del tempo.

Valeria MariniMeno matrimoni e più unioni di fatto. Questa la fotografia scattata dall’Istat nel nostro paese sulle unioni che è stata resa pubblica nel suo rapporto su matrimoni, separazioni e divorzi all’anno 2014. Secondo il report, le coppie che nel nostro paese convivono sono circa 1 milione, e quasi 650mila sono composte da partner che non si sono mai sposati.

Si tratta di un numero dieci volte superiore a quello registrato venti anni fa, nel 1994, e il dato segue il trend della diminuzione dei matrimoni nel nostro paese, che anche nel 2014 ha subito un buon calo registrandone circa 4.300 in meno rispetto all’anno precedente. Negli ultimi cinque anni le persone si sono sposate raramente, perché la percentuale delle unioni è calata del 76%. Secondo l’Istat la ragione di questo enorme calo va innanzitutto ricercata nella prolungata diminuzione delle nascite, che ha portato inevitabilmente ad una diminuzione dei numeri, ma molte sono le causemoderne‘ che concorrono alla disaffezione al matrimonio.

Fra le molte, è importante considerare la mancanza, parziale o totale di lavoro fra i giovani, un aspetto che spinge i ragazzi a non fare passi avventati, ma anche le problematiche di natura sociale legate alle scelte personali. Anche secondo l’Istat la minore propensione al matrimonio è correlata ai mutamenti sociali che hanno posticipato l’età media della formazione di una famiglia e aperto le strade alla convivenza, che in alcuni casi è preludio al matrimonio, ma che in molti altri rimane tale per tutto il corso della vita.

Le percentuali raccolte dall’istituto rivelano che al nord e al centro Italia prevale il rito civile mentre al sud resiste l’attaccamento al matrimonio religioso. In calo anche i matrimoni misti, che confermano però il dato che vede la maggioranza delle spose straniere e la minoranza dei coniugi italiani, dove una sposa su due è di nazionalità dell’est Europa.

Dopo anni di crescita, il 2014 ha fotografato un assestamento per quanto riguarda i divorzi e le separazioni, con percentuali irrisorie di aumento che si aggirano attorno allo 0.5%. Questo fatto può essere statisticamente ricondotto al fatto che in realtà si celebrano meno matrimoni e quindi minori sono anche le separazioni o i divorzi. E’ inoltre aumentata l’età della separazione, che da 44 anni di media si è assestata sui 47 anni.

pensione-calcoli_CORBIS_258Sempre più sono i pensionati italiani che decidono di lasciare il paese e di godersi il ‘buen retiro’ in posti più caldi, meno caotici, ma soprattutto più leggeri dal punto di vista fiscale. La pensione italiana non è più ricca come una volta, il costo della vita è aumentato a dismisura e le condizioni del traffico e dei servizi sono in decadenza nel nostro paese. Come non dare ragione ai milioni di italiani che scelgono di riposarsi altrove?

La scelta interessa molte più persone di quanto si possa pensare, e se un tempo chi sceglieva di cambiare vita si dirigeva nei paradisi orientali, ora sono gli Stati europei che attraggono i pensionati del nostro paese, soprattutto la Spagna del sud e il Portogallo, paese che permette ai pensionati di non vedersi tassata la pensione e quindi di ricevere un ammontare mensile molto più cospicuo che in patria.

In Portogallo la legge locale chiede che si trascorrano circa 190 giorni in un anno per ottenere la residenza nel paese e per vedersi consegnata ‘intatta’ la pensione per dieci anni. Il sistema fiscale portoghese porta quindi le persone a risparmiare molti denari, ma anche a convivere con un costo della vita che si rivela dimezzato rispetto a quello italiano. La cordialità degli abitanti, i paesaggi naturali meravigliosi del Portogallo e la buona cucina fanno il resto, quindi è logico pensare che questo Stato diverrà il preferito da chi non vuole trascorrere la vecchiaia in un bilocale in periferia contando su 1.000 euro al mese.

Come si muove il popolo dei pensionati in fuga? Molte sono le agenzie che aiutano le persone ad effettuare questa scelta, illustrando quali sono i benefici e anche le modalità per portare avanti l’iter. Di solito vengono illustrati i passi da compiere e viene proposto un soggiorno di circa un mese per trovare un alloggio e anche per capire come si svolge la vita sul posto. Al termine di questo periodo di tempo le persone possono scegliere se trasferirsi e quindi se trasferire la loro pensione all’estero, godendosi la pensione in un paese caldo, poco costoso e soprattutto molto vicino all’Italia.

professore2L’ora 00.01 del 1 settembre è stata molto importante, anzi cruciale, per tanti insegnanti precari italiani, che si sono visti recapitare le mail di comunicazione partite dal ministero dell’istruzione. Gli insegnanti precari che aveva fatto richiesta di assunzione a tempo indeterminato avevano infatti la possibilità di richiedere la cattedra fissa, ma le regole parlavano chiaro: essa poteva essere in qualsiasi località d’Italia, dove c’era effettivamente bisogno. Questa è stata una delle manovre principali della Buona Scuola, un progetto e una manovra che si impegna a saturare con assunzioni a tempo indeterminato posti vacanti, ma che ‘pesca nel mucchio’ fra gli insegnanti che ne hanno fatto richiesta. Ecco quindi proporsi casi di insegnanti provenienti dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Basilicata e dalla Campania assegnati a Roma, oppure all’Emilia Romagna e in tante località della Lombardia e del nord Italia.

Non si tratta solo di uno spostamento che può essere fatto in nome del posto fisso, ma di una scelta che interessa la famiglia, soprattutto se le cattedre vengono assegnate a persone che hanno già maturato una lunga carriera professionale e alle quali mancano pochi anni per andare in pensione. 10 sono i giorni che serviranno agli insegnanti per decidere se accettare o meno l’incarico a tempi indeterminato, in quanto per questo anno molti possono contare su una supplenza che si trapassa da tempo, ma che è vicina alla loro zona di residenza. Cosa scegliere, quindi, fra un posto fisso lontano migliaia di chilometri da casa e l’incertezza di continue supplenze che però avvengono vicino al proprio posto di origine? Questo è il cruccio che interessa in questi giorni tanti insegnanti italiani, che dovranno prendere una decisione entro questo periodo di tempo e scegliere quindi il corso del loro futuro e di quello dei loro cari.

E-possibile-fare-la-spesa-alimentare-senza-sprechi-con-qualche-semplice-accorgimento-460x280Altroconsumo, società da sempre impiegata nel setacciare il mercato alla ricerca di offerte e nel dare vita a ricerche e statistiche che interessano i prezzi dei beni di consumo, ha finalmente pubblicato un’inchiesta relativa ai prodotti alimentari, che da nord a sud analizza il paese e il divario nei prezzi dei beni di prima necessità. Si tratta di un’inchiesta interessante, che mette in luce le tante controversie del nostre paese e che offre indicatori seri sullo stato del commercio in Italia. L’inchiesta ha infatti interessato le catene commerciali, ovvero i grandi supermercati, coinvolgendo ben 885 punti di vendita dislocati da nord a sud del paese e rilevando ben 1.083.983 prezzi relativi a 105 categorie di prodotto. Da ciò è venuta fuori una mappa che rivela dove è più conveniente fare la spesa per i cittadini italiani.

L’inchiesta ha analizzato il cosiddetto ‘carrello di marca‘, ovvero la spesa che può essere effettuata da nord a sud acquistando gli stessi prodotti, che si tratti di un piatto di pasta o di un panetto di sapone. I risultati hanno visto la Sicilia e la Sardegna proporsi come regioni dove fare la spesa di marca costa fino a tre volte in più rispetto alle regioni di centro Italia, in particolare alla Toscana, dove chi sceglie di acquistare prodotti di marca può risparmiare fino a 400 euro nel corso dell’anno. Piemonte, Toscana, Liguria, Veneto, Umbria e Puglia sono, a quanto traspare dall’inchiesta, le regioni dove il carrello di marca costa meno nella media nazionale.

L’inchiesta ha quindi interessato il carrello non di marca e quello proveniente dagli hard discount. A queste rilevazioni, l’inchiesta di Altroconsumo ha associato poi un’opera di analisi rivolta alle diverse catene alimentari, rivelando che le persone che si dedicano ad acquisti di linee ‘proprie’ dei supermercati possono attuare un risparmio di circa 2.000 euro all’anno, risparmio che diventa ancor più consistente e dimezza il costo della spesa se i consumatori si affidano alle catene dell’hard discount.

aeroportoIl monito è arrivato in un baleno in queste calde giornate estive: l’Italia deve investire negli aeroporti per evitare la congestione degli scali e il decadimento di servizi indispensabili ai viaggiatori. Questo è il risultato dall’ultimo report emanato dalla Cassa Depositi e Prestiti, la quale invita il governo italiano a prendere dei provvedimenti seri in materia, da attuare entro i prossimi dieci anni. Il monito è stato contenuto nel classico report di luglio, il quale ha indicato che il nostro Paese spende meno del 3.6 % del suo PIL per gli aeroporti, una cifra troppo bassa in confronto alla richiesta di opera e di manutenzione del settore aeroportuale.

Le proiezioni degli arrivi e del flusso di traffico aeroportuale generale sono inoltre in aumento, in quanto le persone che si sono servite degli aeroporti Italiani nel 2014 sono state stimate in 150 milioni, mentre nel 2013 la proiezione guarda a ben 170 milioni di possibili passeggeri. Urge quindi una manovra che sappia sistemare i bilanci degli aeroporti, proporre servizi migliori, ma soprattutto lavorare sulle infrastrutture, vero cruccio di alcuni delle maggiori strutture del nostro Paese.

Lo sviluppo di questo settore, continua la Cassa Depositi, è sintomatico di uno Stato evoluto, sia nella sezione delle strutture che della loro accessibilità. Non si tratta, quindi, di muri e di tetti, ma anche di strade che collegano gli scali e che spesso si rivelano tremende nella loro struttura e congestionate dal traffico, rendendo i viaggi di lavoro e di piacere dei veri e propri calvari per chi li attua, soprattutto nei periodi di punta. La Cassa incita quindi lo Stato italiano a prendere in considerazione una manovra che dia una mano a questo settore, già fortemente penalizzato per la crisi. L’invito risiede nel migliorare gli aeroporti sotto il punto di vista strutturale ma anche nel rendere più agevoli e sicure le strade che li collegano, per aggiungere prestigio al Paese e per migliorare i servizi per tutti i cittadini, italiani e stranieri che viaggiano ogni giorno.

Ecco il 2015, ed ecco le statistiche di come la gente non riesce a trovare lavoro o si ritrova per strada dall’oggi al domani: 13,4%. E’ la nuova statistica che è stata resa nota per quello che riguarda la disoccupazione in Italia. Sempre più giovani non riescono a trovare lavoro nel nostro bel paese, rimanendo così in attesa per strada con le loro lauree e diplomi in cerca di un nuovo impiego, sperando che non sia qualcosa di esageratamente umile.

Sono quasi un milione i giovani che cercano lavoro e sono sotto i 35 anni. Ed è un numero davvero grande, visto che ci stiamo concentrando sui giovani rimasti in Italia in cerca di lavoro. Mentre in altri paesi si registra un segnale a dir poco positivo (diminuzione della disoccupazione in Germania) noi continuiamo a salire. Ma, a proposito della Germania, vale la pena citare che quelle statistiche sono “orchestrate” da un certo punto di vista, dato che la Germania è ancora caratterizzata da un alto livello di sperequazione sociale e da una forte diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, con distinzione tra zone periferiche e città. Anche lì certamente vi sono paesi in cui la densità abitativa, in rapporto all’occupazione effettiva lasciano presagire situazioni gravi dal punto di vista sociale. Non certo la perfezione che ci fanno capire le statistiche. Come diceva Trilussa, quando si fa una media, si sa quale sarà il risultato nel complesso, risultato che non apparterrà, invero, a nessuno. Lo stesso errore lo commettiamo con l’Italia. A che pro dire che vi è la ripresa dei consumi se si include nella media le zone del Nord Italia, in pari peso alle zone più disagiate del Sud Italia? Il 70% delle imprese che hanno chiuso in tutta Italia provengono proprio dal Sud, solo il 30% è situato al Nord! Statistiche ingannevoli, certamente. E la realtà tedesca, forse migliore di quella italiana, non è certamente perfetta.

Ritornando al caso italiano, in solo tutto Ottobre abbiamo visto andare via praticamente 50 mila posti di lavoro, giusto in tempo per le vacanze natalizie in arrivo. Posti di lavoro che presto si sono convertiti in persone sfrattate, frantumate nell’anima ed in cerca disperata di un posto caldo dove trovare del denaro per vivere.

Se la fascia d’età non conta, il numero aumenta esponenzialmente, e così tanto che c’è da avere i brividi anche senza considerare l’inverno. 3 milioni e 457 mila compongono il totale della popolazione italiana che finora non ha un lavoro. Noi in Italia siamo tanti (60 milioni secondo il censimento) ma il bilancio è seriamente troppo alto per considerare un’annata economica salutare.

E’ tempo di scappare o di rimanere? Molti italiani stanno considerando, dopo la loro visita estera vacanziera, di spostarsi definitivamente altrove. In lidi dove la crisi non si vede. Ma altri sono costretti a rimanere qui volenti o nolenti: riusciranno le nuove manovre ad alleviare il dolore economico nel quale migliaia e migliaia di Italiani stanno soffrendo tutt’ora? Resteremo a guardare e giudicare.