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Palermo: il caffè del boss imposto ai bar

mafia-impone-il-caffè-a-palermoL’operazione portata avanti dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, aveva nome Coffee Break, perché riguarda il sequestro di due società che operano nel settore del commercio all’ingrosso di caffè. Due bar, cinque società ed una palestra sono stati sequestrati, perché riconducibili al pluri pregiudicato, ritenuto uomo di fiducia di Totò Riina. L’uomo è stato condannato per associazione mafiosa.

L’uomo ha attribuito a diversi prestanome, la titolarità delle attività sequestrate, le indagini sono state svolte dal Procuratore Aggiunto Antonio Ingroia e da PM Dario Scaletta. Il reato denunciato è il trasferimento fraudolento di valori e per estorsione aggravata. La gestione dell’attività in realtà continuava ad essere svolta direttamente dal pluri pregiudicato palermitano.

Denunciate anche altre 11 persone, appartenenti anche al nucleo familiare, che si facevano assumere come dipendenti. I nomi dei soci venivano cambiati spesso e chiuse alcune società, se ne aprivano altre sempre operanti nello stesso settore economico. Accertati anche episodi di estorsione attribuibili ad un imprenditore, che insieme ad un altro esponente della criminalità organizzata, in carcere con la condanna da scontare, 416-bis, avevano imposto ad un bar di Palermo, l’acquisto di quella marca di caffè venduto da una società tra quelle sequestrate.

Alcuni collaboratori di giustizia hanno indicato, che l’imprenditore nel settore del caffè, ambiva a diventare il leader nella fornitura del caffè presso i bar di Palermo.

Durante le indagini era stato riscontrato un elevato tenore di vita, condotto sia da parte del titolare delle società sequestrate, che da parte dei suoi familiari, anche se le dichiarazioni al Fisco erano davvero minime. La scarcerazione dell’uomo era avvenuta nel 2006 ed i suoi clienti erano aumentati del 300% e si era estesa l’attività del caffè.