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zanzara_tigreL’estate è una stagione fantastica, ma ogni anno arrivano puntuali le zanzare, che pungono e pungono indiscriminatamente gli esseri umani, provocando pruriti e molte arrabbiature. Una ricerca si è quindi occupata di capire quali sono le strategie che questi insetti mettono in atto quando scelgono di attaccare gli esseri umani e gli animali, colpendoli e lasciando il fastidioso ricordo di una bella puntura da grattare.

Ma le zanzare si sono anche evolute rispetto al passato, e la loro esistenza deriva da fattori molto diversi. Uno studio pubblicato sulla rivista specialistica Current Biology e svolto da un team di ricercatori dell’Università di Washington e del California Institute of Technology si è occupato di individuare e capire come le zanzare agiscono, ovvero su che basi scelgono la loro preda.

Secondo lo studio, si tratta di una sinergia fra elementi visivi, percezione dell’odore della preda e anche comprensione delle caratteristiche termiche. Una zanzara può, infatti, individuare l’anidride carbonica emessa dalla sua preda animale o essere umano ad una distanza di ben cinquanta metri e quindi avvicinarsi piano piano al suo bersaglio.

Quando la zanzara raggiunge il metro di distanza scattano altri fattori, come la comprensione della temperatura termica della preda e la sua posizione, in quanto ciò le permette di atterrare in modo veloce e senza problemi, quindi di pungere per nutrirsi in tutta sicurezza. Questo fatto spiega quindi la precisione degli insetti, ma non ci racconta perché tante persone, che si proteggono con mille lozioni, vengono comunque punte. Tutto si baserebbe su una questione genetica, che porta le zanzare ad individuare quali sono le prede per loro considerate più golose e quindi meritevoli di essere punte senza pietà durante le caldi notti estive.

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Terminare gli studi potrebbe allungare la vita; viceversa, non finire di studiare accorcia il nostro tempo su questa terra di quasi dieci anni. Si tratta di migliaia di morti evitabili, paragonabili a quelle causate dal fumo.

In pratica, da recenti studi è emerso che arrivare al diploma di scuola superiore potrebbe avere benefici pari a quelli che ottiene chi smette di fumare. Abbandonare presto la scuola mette a rischio la salute, e taglia di 10 anni le speranze di vita. I dati emergono da una ricerca dell’università del Colorado, pubblicata su «Plos One». Dallo studio emerge che fattori importanti per il successo nello studio sono le condizioni economiche e lo svantaggio sociale ma, a parità di condizioni di partenza, chi lascia la scuola sarà in futuro più esposto a malattie, avrà più probabilità di fare un lavoro manuale usurante e di soffrire di malattie mentali.

I dati analizzati sono quelli della popolazione americana: i ricercatori sono andati indietro nel tempo fino al 1925, per determinare l’impatto dell’istruzione sulla salute. Pare che solo nel 2010 si sarebbero potute evitare 145mila morti se coloro che non hanno studiato avessero ottenuto almeno una qualifica di base. Un tasso di mortalità quasi pari a quello del fumo.

La mancanza di scolarizzazione porta con sé una minore capacità di affrontare i problemi di salute, una peggiore condizione abitativa e di lavoro. Infatti, un tasso di istruzione basso è negativamente correlato con fattori di rischio; al contrario, titoli di studio più elevati portano a migliori e più qualificati impieghi, e quindi retribuzioni più alte, un’alimentazione più sana e così via.

«I nostri risultati – ha dichiarato Patrick Krueger, uno degli autori dello studio – dimostrano che le politiche che puntano a migliorare l’adesione scolastica migliorano anche la salute della popolazione».