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paladifanoassumptionIl Perugino risplende a Parigi

Sette capolavori del «divin pittore» Pietro Vannucci sono partiti nei giorni giorni dalla Galleria Nazionale in direzione della capitale francese, e da oggi risplendono nella mostra «Le Pérugin Maître de Raphaël» inaugurata nel Museo Jacquemart-André dove resterà aperta fino al 19 gennaio 2015.

Il Museo Jacquemart-André rende omaggio al grande maestro del Rinascimento Pietro Vannucci detto il Perugino (ca 1450-1523) con l’esibizione di 53 opere, provenienti da musei italiani e francesi e da altre raccolte internazionali, restituendo il quadro complesso e articolato del mileu artistico italiano tra il XV e il XVI secolo.

Un’occasione unica per la valorizzazione del patrimonio artistico custodito dalla Galleria Nazionale dell’Umbria che concede in prestito sette opere del Perugino: la Madonna della Consolazione, il Miracolo del cieco, la Guarigione di una giovane, il Polittico di Sant’Agostino e Angelo Annunziante, l’Annunciazione e la Pietà con san Girolamo e santa Maria Maddalena. Di Bartolomeo Caporali, la Madonna con Bambino e sei angeli.

Un prestito concesso per la valenza intrinseca del progetto che si configura come un’esposizione esaustiva della produzione del Perugino e del contesto storico e culturale in cui ha operato, valorizzando il patrimonio culturale della nostra regione in Francia. La mostra si interroga sul rapporto tra Perugino e il suo allievo più famoso, Raffaello, a confronto diretto.

L’importante evento espositivo sarà commentato il 12 settembre 2014 alle 19.30 all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi nel corso di un incontro intitolato “L’actualité du Pérugin, peintre de la Renaissance”, cui interverranno i due curatori della mostra Vittoria Garibaldi e Nicolas Sainte Fare Garnot, conservatore del Museo Jacquemart-André, il Soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici Fabio De Chirico e lo storico dell’arte Gennaro Toscano.

image (2)I filmati, della collezione privata reale, sono stati rilasciati dalla Royal Childhood, la mostra sull’infanzia dei reali inglesi che si inaugurerà il prossimo 26 luglio a Buckingham Palace.

Veri e propri momenti di vita quotidiana dei Windsor, una famiglia normale. Nella mostra saranno esposti oltre 150 oggetti, tra i quali molti giocattoli appartenuti alle nove generazioni di bambini che hanno vissuto nel palazzo reale.

La mostra senza precedenti sull’infanzia dei reali inaugura domani a Buckingham Palace. Esposti video e oggetti, tra questi nello spazio dedicato al principe George, l’ultimo arrivato in famiglia che ha da pochi giorni compiuto un anno, c’è il cavallo a dondolo che gli hanno regalato gli Obama.

‘Royal Childhood’, uno spaccato sui momenti di vita intima dei Windsor quando, lontani dagli impegni ufficiali, si potevano comportare come una famiglia ‘normale’ e crescere i loro figli.

Molti filmati tenerissimi, come quello dove la regina Elisabetta ragazzina che balla con la madre quelli in cui compare la regina Elisabetta piccolissima, portata a spasso nella carrozzina dalla madre, poi adolescente mentre passeggia con la sorella Margaret,  o del principe Carlo bambino che insegue su un trattore a pedali il padre Filippo a bordo di un triciclo, molti gli oggetti tra cui molti appartenuti alle nove generazioni di bambini che hanno vissuto nel palazzo reale.Fra questi una Aston Martin in miniatura del principe Carlo e una piccola roulotte regalata nel 1955 all’erede al trono e alla principessa Anna.

vittorio_sgarbi -Gentile-Un centinaio di opere fra dipinti, pale d’altare, tavole e affreschi staccati, sculture e oreficerie, ricostruiscono l’età dell’oro di una città oggi piegata dalla crisi del distretto elettrodomestico, che, ha detto il governatore Gian Mario Spacca, vive questo evento anche come un segnale di speranza.
“Oltre a Giotto, che io stesso ho fortemente voluto, il ricco percorso comprende anche nomi come Francescuccio Ghissi e Allegretto Nuzi, tanto per citarne alcuni.
Fra gli artisti più conosciuti, inoltre, ne spiccano altri meno conosciuti ma che in questa mostra, finalmente, vengono meritamente riscoperti per il loro grande valore”. Così il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha presentato la mostra “Da Giotto a Gentile, pittura e scultura a Fabriano tra due e trecento”, che si apre a Fabriano il 26 luglio.

“Mi riferisco al Maestro di Campodonico – ha continuato -. Il peso dei “suoi” corpi si avvicina moltissimo a quello di Giotto e Gentile” Il vero cuore dell’arte moderna è qui, a Fabriano, dove grandi artisti hanno lasciato opere straordinarie”.

Da una mostra importante, e filologicamente ponderata, come questa, dal titolo tanto ambizioso, quanto preciso, ci aspetta una parola definitiva su una questione cruciale che, da Giotto, oltre a una Scuola Umbra e a una Scuola Riminese, entrambe conclamate e definite, esca una altrettanto significativa Scuola Marchigiana, e in particolare fabrianese, del XIV secolo, dai confini ben definiti. Dopo questo grande evento finalmente nei libri della storia dell’arte troverà spazio anche la scuola di Fabriano”.

Oltre 100 le opere, e un protagonista ”titanico” come il poco noto Maestro di Campodonico, ha spiegato Sgarbi presentando la mostra insieme al governatore Gian Mario Spacca. Realizzata dalla Fondazione Carifac con Veneto Banca, è aperta fino al 30/11.

La figura del pittore Pieter Brueghel il Vecchio è sempre stata avvolta da un velo di mistero, una caratteristica comune ai grandi geni. Di lui si hanno poche notizie certe, anche se è noto che fu lui il capostipite più importante di una dinastia molto influente nell’Olanda meridionale tra XVI e XVII secolo. All’intera stirpe di autori è dedicata la mostra “Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga”, che si svolgerà dal 18 dicembre 2012 nel Chiostro del Bramante a Roma. Un viaggio familiare e pittorico lungo 150 anni, costellato da più di 100 opere: da quelle realizzate dal “padre spirituale” (1525/1530 ca. – 1569) a quelle create dai figli Pieter il Giovane (1564 -1638) e Jan il Vecchio (1568 -1625), dai lavori dei cinque figli di Jan alle tele dei discendenti più lontani. La rassegna, curata da Sergio Gaddi e Doron J. Lurie, Conservatore dei Dipinti Antichi al Tel Aviv Museum of Art e prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con DART Chiostro del Bramante, è suddivisa in diverse sezioni, e si apre intorno al capolavoro “I sette peccati capitali” di Hieronymus Bosch, punto di riferimento stilistico di Pieter Brueghel il Vecchio.

La mostra evidenzia come i temi e la tecnica di Pieter Brueghel il Vecchio vengano ripresi dai figli Pieter il Giovane e Jan il Vecchio: il primo si dedica alla riproduzione delle opere paterne, mentre Jan il Vecchio si apre alla mondanità, viaggia in Italia, collabora con Rubens ed è il primo importante pittore di fiori e nature morte. Una famiglia capace anche di intessere delle articolate relazioni artistiche grazie alle collaborazioni tra Jan Brueghel il Giovane e Frans Francken, Joos de Momper, Hendrick van Balen, che terminano con le opere di David Teniers il Giovane, che si concentra sul mondo contadino del ‘600. Con il suo linguaggio pittorico Brueghel ritrae paesaggi, popolani, scene di vita quotidiana ma lo fa con una nota critica in quanto s’interroga sulla condizione dell’uomo e del mondo. La sua pittura è una critica diretta e tagliente nei confronti dei vizi e delle follie umane, servendosi anche di proverbi e detti popolari per rendere più veritiero il suo racconto in pittura.