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I big dell’high tech uniti per il clima

ebola zuckerbergLunedì 30 novembre ha preso il via la Conferenza Mondiale sul Clima di Parigi, fra divieti di manifestare e massima allerta. La città ha retto bene il fermento di questi giorni così importanti, i quali hanno accomunato i leader politici dei paesi del mondo per trovare accordi seri e stabili in materia climatica. L’occasione è stata interessante perché ha visto per la prima volta riunirsi i big dell’high tech, impegnati in raccolte e imprese a sfondo climatico decisamente degne di nota.

Il ‘gruppone’ di super big della tecnologia del giorno d’oggi è stato capitanato da Bill Gates, da molto tempo schierato nelle battaglie contro il cambiamento climatico. Il fondatore di Microsoft ha scelto la Conferenza di Parigi per lanciare il suo programma Breaktrought Energy Coalition, una sorta di pool di aziende e di esperti che desiderano spingere i migliori progetti legati all’innovazione nel settore della green energy.

All’elenco degli attivisti pronti ad impegnarsi assieme a Bill Gates compare Mark Zuckerberg e il suo Facebook, il quale ha dichiarato lo scopo comune di rendere accessibili le energie pulite anche ai paesi in via di sviluppo. Si tratta dell’unica arma che può combattere l’inquinamento globale, in quanto i paesi più poveri sono allo stesso tempo i più inquinanti, non per volontà ma per mancanza di risorse e di cultura sull’argomento.

Anche Jack Ma e il suo Alibaba, Jeff Bezos di Amazon, Richard Branson di Virgin e George Soros e Meg Whitman di Hp rientrano fra il gotha che ha scelto di unirsi alla battaglia ambientalista di Bill Gates, unendosi ad un progetto che intende unire le forze tecnologiche in nome di un salvataggio del pianeta che sembra essere possibile ora o mai più.

Quali sono i piani concreti dei big dell’high tech? La parola chiave è investimento, perché solo investendo in progetti dall’animo green i fondatori e i detentori del potere tecnologico del mondo potranno dare il via a progetti di economia ambientale efficaci. Il tutto può essere considerato come un apripista di non poco conto alla vigilia della firma di un accordo fra Stati che può impegnarsi a salvare il pianeta. Il messaggio è quindi chiaro: se la tecnologia guarda verde è meglio che lo facciano anche gli Stati, perché in questa direzione si sta muovendo il settore economico che conta nel mondo al giorno d’oggi.