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Il PdL apre alle primarie: è la fine del “partito liquido”?

Berlusconi parla di nuovo e dice la sua sui referendum. Li definisce, senza mezzi termini, inutili, soprattutto quello sul nucleare, in cui gli italiani saranno chiamati a votare per abrogare qualcosa che è già stato abrogato, e quello sull’acqua, ritenuto totalmente demagogico. Non si pronuncia invece sul quesito sul legittimo impedimento.

Il premier e il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, malgrado queste opinioni, hanno tuttavia abbandonato l’iniziale appoggio all’astensionismo in nome di un’ampia libertà per elettori e militanti. E non hanno rinunciato ad attaccare il centrosinistra, accusato di voler fare dei referendum il punto di partenza di un’altra crociata con il Presidente del Consiglio, attacco a cui ha fatto seguito la puntuale replica di Bersani, che nega di voler strumentalizzare la consultazione referendaria allo scopo di farne lo strumento di una nuova campagna contro Berlusconi.

Qualcosa però nel centrodestra, come si è visto, sta lentamente cambiando.

All’investitura già certa di Alfano a segretario politico del partito, già questa una grande novità, si affianca un’altra novità: l’apertura alle primarie.
Relativamente alla nomina di Alfano, il Guardasigilli si dimetterà dal suo incarico istituzionale solo quando sarà perfezionato il percorso che lo condurrà a diventare segretario politico del PdL e solo dopo aver portato a termine l’iter di approvazione di alcuni importanti provvedimenti, come la riforma del processo civile; sarà tuttavia investito di notevoli poteri decisionali, primo fra tutti quello di assegnare ai tre coordinatori, Bondi, La Russa e Verdini, i compiti che riterrà più opportuno conferire loro.

Per quanto riguarda invece l’ipotesi di aprire alle primarie, il premier si è dichiarato possibilista, ma ha precisato che dovranno avvenire sulla base di un meccanismo che dia la certezza che i votanti siano veri sostenitori del PdL e non “infiltrati” della sinistra e che preveda, ad esempio, l’istituzione di una sorta di registro di tutti coloro che, di sicura fede berlusconiana, vogliono partecipare alla consultazione.

La proposta di ricorrere al metodo utilizzato dal PD e dal centrosinistra era già venuta dal governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, e dal Ministro degli Esteri, Franco Frattini, ed è sostenuta ora da molti esponenti del PdL, primo fra tutti Gaetano
Quagliariello, che propone addirittura un’istituzionalizzazione, anche se solo facoltativa, di tale forma di consultazione, che cesserebbe di essere una kermesse “fatta in casa”, e, cosa ben più importante, non sarebbe più patrimonio esclusivo della sinistra.

Di fronte a tali posizioni interne alla sua stessa coalizione, il premier non ha potuto fare a meno di dichiararsi favorevole, attratto probabilmente anche dall’idea di riallacciare il rapporto con i cittadini, ora apparentemente offuscato, e di riavvicinarli per coinvolgerli maggiormente nelle scelte del partito.

Anche il PdL, quindi, cesserà di essere un partito “liquido” e pare destinato a diventare un partito “solido”, con una classe dirigente strutturata e meccanismi interni definiti.