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tasse casaTra il 2013 e il 2015 gli italiani sarebbero stati chiamati a pagare 7 miliardi di imposte in più rispetto agli anni precedenti. Questo è quanto è emerso dai calcoli effettuati dal Servizio Politiche Territoriali della Uil. Il sindacato ha stimato che si tratta di imposte regionali e di addizionali regionali, fra i quali Tasi, tariffa Rifiuti, imu e comunali Irpef. Nel 2015 l’ammontare totale delle imposte è stato di 49 miliardi di euro, a fronte dei 42 miliardi 2013, mentre nel 2014 le tasse si erano assestate su 46,5 miliardi globali.

I calcoli effettuati dal sindacato hanno dimostrato che una famiglia monoreddito da 24 mila euro all’anno, con una casa di proprietà di 80 metri quadri e una seconda casa o magazzino ereditato, ovvero una situazione abbastanza comune nel nostro paese, si sarebbe trovata a pagare circa 300 euro di imposte in più all’anno, per un totale di 1.969 euro di tributi locali. Ad incidere soprattutto la Tasi, con punte massime nelle grandi città e un esborso medio di 191 euro per cittadino.

L’analisi della UIL ha setacciato le tasse locali pagate dagli italiani nel biennio 2013- 2015 e ha stimato che il gettito derivato dalle imposte Imu e Tasi è stato nel complesso di 19,8 miliardi di euro per gli immobili diversi dalla prima casa e di 3,7 miliardi di euro per quanto riguarda la prima casa. Le addizionali regionali hanno prodotto incassi Irpef per 12,8 miliardi di euro totali facendo registrare un aumento del 11.8 %, e del 11.7% per quanto riguarda l’Irpef comunale. In crescita anche la tassa sui rifiuti, che è salita del 7.3% nel corso degli anni.

Roma si è pizzata in testa alle classifiche delle città più costose per quanto riguarda la tassazione, segnando un esborso medio nel 2015 di 2.726 euro pro capite. Al secondo posto Napoli con 2.576 euro e Torino di 2.458. Secondo i sindacati, a fronte di un bonus di 80 euro che ha permesso di diminuire la pressione fiscale per circa 10 milioni di italiani, per altri 30 milioni le cose non sono andate bene, perché per loro la pressione fiscale è aumentata del 18,5% con ripercussioni sulle buste paga e sulle pensioni.

Quando succede, succede e quando ci vuole, ci vuole: è tempo di sciopero. In 54 piazze d’Italia si è avviato un lungo e strenuo sciopero diretto da CGIL e UIL per protestare sull’economia indotta dal nostro governo. A capo della manifestazione Torinese abbiamo la segretaria generale del Cgil, Camusso Susanna.

Un grande corteo è partito in una fila di palloncini rossi e blu, rispettivamente per simboleggiare la CGIL e la UIL in quest’evento. Al centro di tutto questo un striscione che recita il messaggio: “Così non va, abbiamo proposte concrete per cambiare l’Italia”. Napolitano afferma che questo sciopero non è altro che il risultato di una grossa tensione fra i sindacati ed il governo: “è bene che ci sia un rispetto reciproco, ha poi aggiunto; che non si vada ad una esasperazione come quelli di cui oggi abbiamo il segno. Non fa bene al paese”.

Ed in effetti la nostra è un’Italia già ferita, affaticata da una lunga serie di crisi economiche, a seguito delle quali tutti stanno cercando di tirare avanti in un modo o in un altro. Ognuno fa la sua parte in una situazione del genere, ma come già detto da Camusso: “Il Governo sbaglia a non volere il confronto. Bisogna raggiungere un accordo fra sindacati ed il governo prima che le tensioni prendano ad essere troppo pericolose per la stabilità italiana”.

Camusso aggiunge che il governo deve partecipare a queste manifestazioni in una maniera prioritaria rispetto agli affari di stato. Ed in effetti, l’Italia è un paese nato per essere unito e così di regola deve essere anche il governo che segue ogni minima faccenda, comprese anche quelle lavorative che sono la fondazione di tutto ciò che viene dopo, a partire dalla stabilità economica dei nostri affari.

“E’ una scelta del governo se continuare ad innescare il conflitto oppure se iniziare a discutere” termina così il discorso ma non lo sciopero, che in queste ore sta ancora marciando sulle strade italiane alla ricerca disperata di un nuovo futuro per molti che lavorano in un paese in piena crisi.