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sicignanoLa vicenda di cronaca che ha interessato l’uccisione del ventiduenne albanese Gjergi Gjoni si è svolta la settimana scorsa, quando il pensionato Francesco Sicignano lo aveva sorpreso a rubare nella sua abitazione e freddato con diversi colpi di arma da fuoco. Per una settimana l’opinione pubblica si è concentrata sul gesto di Sicignano, e sulla scottante differenza fra omicidio volontario e legittima difesa, in quanto il ragazzo entrato in casa per rubare non era a sua volta armato.

A parlare sono oggi i genitori del ragazzo, che ammettono indiscutibilmente l’errore del figlio, ma chiedono giustizia per la sua morte perché ‘chi lo ha ucciso ha sbagliato di più’. Mark Gjoni e sua moglie Marie, 48 anni, sono originari del distretto di Kurbi, una zona sfortunata dell’Albania dove quasi tutti sono emigrati e hanno tentato la sorte in paesi stranieri. Il ragazzo ucciso era il terzogenito di sei figli, i quali stanno cercando di vivere facendo gli agricoltori in una terra poco produttiva e non aiutata dal clima secco e freddo della regione.

Dopo l’iniziale stupore, la famiglia Gjoni si è affidata come parte offesa all’avvocato Mongiu di Monza e ora racconta quale è la sua visione dei fatti. I coniugi stanno infatti vivendo un dolore straziante, che non li porta a provare vendetta contro Sicignano, ma incredulità e rabbia per ciò che è successo. La coppia si appella quindi alle autorità italiane, alla giustizia che deve fare il suo corso, perché se il loro figlio ha sbagliato, lo ha fatto inevitabilmente anche chi lo ha ucciso a sangue freddo.

Il ragazzo deceduto aveva visitato i genitori un anno e mezzo fa, perché colpito da un decreto di espulsione dal nostro paese. Una volta tornato a casa, si era però reso conto che non c’era lavoro e di che vivere in terra di Albania, quindi era ritornato in Italia per cercare un’occupazione e cercare di cambiare la sua vita. Una scelta che, assieme alla decisione di darsi alla malavita, lo ha portato a perdere la vita giovanissimo e a diventare protagonista di uno degli episodi di cronaca più controversi del nostro presente.

Cooperante 2

Cooperante 2

Si chiama Cesare Tavella l’agronomo italiano ucciso ieri a Dacca, in Bangladesh, in un attentato rivendicato dall’Is. L’agronomo era nel paese orientale per lavoro, in quanto cooperante per una organizzazione non governativa e impegnato ad insegnare l’agricoltura agli studenti locali. I sogni di un uomo e di una famiglia sono stati spezzati dalla ferocia dei terroristi jihadisti, in quanto Cesare Tavella, 50 anni, una moglie e due figli, si trovava in giro per il mondo per pagare il mutuo di una cascina in Romagna che aveva appena acquistato. Dopo avere vissuto per molti anni in Piemonte, il cooperante aveva infatti deciso di tornare nella nativa Romagna, a Casola Valsenio in provincia di Ravenna, per trasferirsi con la famiglia e vivere dei proventi della coltivazione della frutta.

Tavella era il project manager di un programma quadriennale denominato Proof, pensato per insegnare le tecniche agricole e dell’allevamento ai contadini che vivono nelle zone arretrate del mondo. Cesare affiancava a questo lavoro quello di veterinario all’estero ed era stato in viaggio anche nello Yemen e in Africa. Nel frattempo, Cesare Tavella si era separato dalla moglie che era andata e vivere con i figli in Piemonte ma non aveva abbandonato l’idea di coltivare il suo podere nella terra natia. Ora il podere è affiatato ad un coltivatore locale e rimarrà probabilmente tale, perché Cesare non potrà più tornare al suo paese per coltivare i suoi sogni di vita tranquilla e a contatto con la natura.

La notizia è stata diffusa dai media attraverso il canale televisivo Bangla Vision che nel notiziario locale ha mostrato il luogo dove Cesare Ravella è stato freddato con colpi di arma da fuoco. L’attentato è stato subito rivendicato dall’Is e forte è il dolore in patria e fra i colleghi cooperanti che lavoravano al progetto di istruzione con Cesare in Italia e in Bangladesh.

Bifolco-640Chiede perdono e lo fa con un’intervista a cui dice di aver pensato per giorni, rilasciata a Repubblica il carabiniere responsabile del colpo partito dalla pistola che ha ucciso il 17enne napoletano Davide Bifolco.

“Sono addolorato. Con pudore voglio dire alla famiglia di Davide che chiedo perdono per questa perdita, consapevole che niente e nessuna parola potrà attutire il dolore, che segnerà per sempre anche la mia vita”, ha affermato il carabiniere, cresciuto in un paesino della provincia di Napoli.

“Non sono un Rambo, è stato un incidente, se avevo il colpo in canna, quella notte, è perché io e il mio collega inseguivamo un latitante. Non sono mai stato un Rambo, non ho mai neanche immaginato di puntare la pistola. Sono inciampato, quella notte, mentre bloccavo l’altro giovane che si divincolava. Se si fa una perizia si vedrà che c’è il gradino”.

“Io so – ha dichiarato – che questa tragedia è stata la conseguenza impensabile, umanamente inaccettabile di un incidente. Solo un terribile incidente. Non ho mai puntato la pistola, ho alle spalle oltre dieci anni di lavoro, anche a Verona”, ha sottolineato.

Intanto proseguono i cortei di protesta della gente che chiede giustizia per l’uccisione di Davide,la famiglia di Davide Bifolco, attraverso il suo avvocato, ha raccolto alcune testimonianze ed è pronta a consegnarle alla Commissione dei diritti umani del Senato.

L’autopsia sul corpo di Bifolco sarà effettuata domani, i funerali forse giovedì

imageJim Morrison si è spento a 27 anni, a Parigi, in un maledetto giorno del 1971. Il mistero sulla sua morte ne ha alimentato ulteriormente il mito e a distanza di 40 anni inquietanti rivelazioni emergono sul leader dei Doors.

A rompere il silenzio su quanto veramente accadde è la cantante Marianne Faithfull, la quale ha rivelato durante un’intervista come a uccidere Morrison fosse stato il suo compagno dell’epoca, Jean de Breiteuil.

La cantante ha ricordato di essersi recata a Parigi in compagnia di de Breteuil e di essere rimasta da sola in hotel, mentre l’uomo andava a trovare Morrison nel suo appartamento.
“Sentivo istintivamente che qualcosa non andava”, ha dichiarato: “Presi dei barbiturici e mi addormentai, mentre lui andò a trovare Jim Morrison e lo uccise. Voglio dire, sono sicura che fu un incidente. Povero idiota. La dose era troppo forte? Sì. E lui morì. E io non ne sapevo niente. Comunque sia, tutti quelli che hanno avuto a che fare con la morte di quel povero ragazzo, sono morti ora. Tranne me.”

All’epoca dei fatti Jim Morrison viveva con Pamela Courson a Parigi, dove cercava di trovare pace dedicandosi alla musica e smettendo di bere. Il 3 luglio del 1971 il cantante e leader dei Doors venne ritrovato da Pamela nella vasca da bagno del loro appartamento, Morrison aveva solo 27 anni.

La morte di Jim Morrison è rimasta avvolta nel mistero, si parlò di arresto cardiaco anche se non venne mai fatta un’autopsia per confermarlo. In molti sostengono che Jim Morrison sia ancora vivo e abbia voluto inscenare la sua morte, come si dice anche di Elvis Presley, per allontanarsi dalla pressione della popolarità.

L’overdose di eroina è, però, una delle tesi più acclamate, e Jean de Breteuil sembrava sapere che era stata la sua dose ad uccidere il cantante, lo spacciatore scappò infatti con Marianne Faithful a Casablanca subito dopo la morte di Morrison, Breteuil morì pochi mesi dopo anche lui per una overdose di eroina.

unitaI liquidatori di “Nuova iniziativa editoriale spa”, società editrice de L’Unita’, comunicano che il giornale sospenderà le pubblicazioni e l’aggiornamento del sito web a partire dal primo agosto.
L’annuncio dopo l’assemblea dei soci di oggi.
“Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unita’”. Il Comitato di redazione dell’Unita’ commenta così l’annuncio dello stop alle pubblicazioni a partire dal primo agosto.

“I lavoratori sono rimasti soli a difendere una testata storica – sottolinea il Cdr – gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque salvato il giornale. Un fatto di gravita’ inaudita, che mette a rischio un’ottantina di posti di lavoro in un momento di grave crisi dell’editoria”.

“I lavoratori – continua il Cdr – agiranno in tutte le sedi per difendere i propri diritti. Al tempo stesso, con la rabbia e il dolore che oggi sentiamo, diciamo che questa storia non finisce qui. Avevamo chiesto senso di responsabilità e trasparenza a tutti i soggetti, imprenditoriali e politici.

Abbiamo ricevuto irresponsabilita’ e opacita’. Questo lo grideremo con tutta la nostra forza. Oggi e’ un giorno di lutto per la comunita’ dell’Unita’, per i militanti delle feste, per i nostri lettori, per la democrazia. Noi continueremo a combattere guardandoci anche dal fuoco amico”.

“In questi mesi”, continuava la nota del Cdr, “pur non ricevendo stipendi, abbiamo garantito l’uscita in edicola de l’Unità, tutelando così il patrimonio della testata e il rapporto con la comunità dei nostri lettori. Lo stesso senso di responsabilità chiediamo oggi a chi è chiamato a prendere decisioni che riguardano la vita del quotidiano fondato novant’anni fa da Antonio Gramsci”.

oscar_pistorius_27591Serata movimentata in un locale chic di Johannesburg per Oscar Pistorius, il campione sudafricano a processo dallo scorso mese di marzo per l’omicidio della sua fidanzata Reeva Steenkamp.

Secondo il quotidiano sudafricano, Pistorius si trovava nella sezione VIP di una discoteca chic di Johannesburg quando ha avuto un alterco con Jared Mortimer.

Sui motivi del diverbio sussistono versioni contrastanti. La portavoce della famiglia Pistorius, Anneliese Burgess, ha rilasciato agli organi di stampa la seguente dichiarazione:
“Oscar si trovava nel privé del locale insieme a suo cugino, quando il signor Mortimer ha iniziato ad offenderlo su argomenti relativi il processo.”
A fronte di tali offese, Pistorius avrebbe semplicemente chiesto di “essere lasciato in pace”.

Diametralmente opposta la versione fornita dallo stesso Mortimer. Quest’ultimo ha riferito di essere stato insultato da un Pistorius visibilmente ubriaco, il quale l’avrebbe così apostrofato:

“Ecco l’infame Mortimer, un altro di quelli che mi hanno voltato le spalle.”

Ma non è finita qua. Sempre secondo le parole di Mortimer, l’ex campione paraolimpico avrebbe quasi minacciato il suo oppositore, facendo appello al potere detenuto dalla sua famiglia, tale da influenzare le forze dell’ordine e addirittura il presidente sudafricano Jacob Zuma. Da lì le cose sarebbero degenerate molto in fretta:
“Mi ha tirato un cazzotto in pieno petto e mi ha preso per il collo, iniziando a dirmi che non sarei mai stato alla sua altezza.”
Mortimer avrebbe poi risposto all’assalto fisico spintonando Pistorius e facendolo cadere a terra, momento in cui sarebbero intervenuti i buttafuori del locale.

Pistorius continua a far parlare di se in modo negativo, intanto, ha ricominciato a utilizzare il proprio profilo Twitter per pubblicare salmi della Bibbia e sue foto con bambini disabili.

Il processo per l’uccisione della fidanzata riprenderà il prossimo 7 agosto.

Andrea-RocchelliAndy Rocchelli giornalista italiano è morto ieri a Sloviansk, nella regione di Donetsk.

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “ha appreso con costernazione e dolore la notizia dell’uccisione del giornalista e fotografo italiano Andrea Rocchelli e del suo interprete Andrey Mironov nei pressi di Slaviansk, nell’Ucraina Orientale”. Lo scrive il Quirinale in una nota, aggiungendo che “l’uccisione di un operatore dell’informazione, nello svolgimento dei suoi compiti, richiama a tutti la tragedia che insanguina un paese a noi vicino anche in questi giorni così importanti per l’Europa”. Anche il minsitro degli Esteri, Federica Mogherini, ha espresso il proprio dolore chiedendo alle autorità ucraine “che sia accertata rigorosamente la dinamica dell’attacco di cui è rimasto vittima”. “Nelle prossime ore – ha concluso – sentirò personalmente il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Deshchtsia”.

Andrea Rocchelli del collettivo di fotoreporter Cesuralab, si trovava in Ucraina nella zona di Sloviansk per documentare da vicino la guerra civile che sta coinvolgendo quelle zone, il trentenne piacentino quando è stato colpito,  era in compagnia di  un collega francese e dell’interprete Andrei Mironov, anche lui morto, mentre il francese, identificato come William Roguelon, è rimasto ferito.

Secondo testimonianza del fotografo francese, William Roguelon, dell’agenzia Wostok Press, raggiunto al telefono in ospedale dalla France Press, dice  che lui, il collega italiano, l’interprete e il loro autista erano scesi dalla loro automobile quando hanno iniziato a piovere le bombe. «Prima abbiamo sentito colpi di kalashnikov che fischiavano. Poi sono piovuti i colpi di mortaio tutt’intorno», ha raccontato il fotografo. Roguelon ha affermato di averne visti esplodere fra i 40 e i 60. «Hanno aggiustato il tiro e un colpo è piombato in mezzo al fossato» dove i fotografi erano al riparo.

Dopo alcune ore di incertezza anche la Farnesina conferma la morte del fotografo Andrea Rocchelli in Ucraina. A diffondere per prima la notizia l’agenzia russa Ria Novosti che ha citato un portavoce delle milizie di Sloviansk. “I cadaveri di Andy Rocchelli e dell’interprete sono stati recuperati e si trovano all’obitorio di Sloviansk”: ha riferito la freelance Roza Kazan, citando il servizio informazioni delle forze separatiste in città, dove è stato imposto il coprifuoco. Il ministero degli Esteri ha reso noto con un comunicato di essere “stato informato dalle autorità ucraine dell’uccisione del giornalista italiano Andrea Ronchelli che si trovava nell’area di Slaviansk”. “All’accertamento definitivo – aggiunge la Farnesina – manca il riconoscimento della salma che è stata trasferita, insieme a quella di un cittadino russo, dall’ospedale di Andreevka a quello di Slaviansk, distante pochi chilometri”. “La famiglia del giovane reporter – conclude – è stata in queste ore in contatto con la Farnesina e l’Ambasciata a Kiev, che l’assisterà al suo arrivo questo pomeriggio nella capitale Ucraina”. 

Christian Barra – Un paio di giorni fa vi avevamo riportato la tragica notizia della morte di Christian Barra, studente di 20 anni ucciso da un pirata della strada nei pressi di Ceretto di Busca a Cuneo. Dopo due giorni di indagini, le forze dell’ordine hanno rintracciato il pirata della strada: si tratta di un 79enne che ora è accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso.

Pirata della strada – ammaccature sull’auto

Nella giornata di ieri è stata ritrovata l’auto del pirata della strada. L’uomo ha raccontato agli investigatori di non essersi fermato perché era sicuro che si trattasse di un animale. L’uomo è stato arrestato dopo che la sua auto è stata trovata e presentata un’ammaccatura compatibile con l’urto con la bicicletta di Christian. I funerali di Christian Barra verranno celebrati sabato mattina alle ore 10 nella chiesa di Falcetto.