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Totò Riina

berl e dell utri-2Sono rivelazioni scioccanti e inquietanti quelle pronuncia tra le mura del carcere milanese di Opera da Totò Riina. Per la prima volta, il boss mafioso rivela come andarono le cose in quel ‘patto di protezione’ che la Cassazione ha accertato definitivamente, ordinando l’arresto dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.

Durante la consueta passeggiata pomeridiana, parlando con il compagno d’aria Alberto Lorusso, Riina confessa: “A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi“.Il racconto di Riina, risalente al 22 agosto dell’anno scorso: “È venuto, ha mandato là sotto ad uno, si è messo d’accordo, ha mandato i soldi a colpo, li ho incassati il tutto per evitare un sequestro alla sua persona o attentati ai suoi ripetitori in Sicilia”.

Sempre stando ai racconti di Riina, le cose per Berlusconi sono andate diversamente dalle parti di Catania: “Gli hanno dato fuoco alla Standa ed i catanesi dicono: ma vedi di…. Non ha le Stande? gli ho detto: da noi qui ha pagato… così li ho messi sotto. Gli hanno dato fuoco alla Standa… minchia aveva tutte le Stande della Sicilia. Gli ho detto: bruciagli la Standa”.

E nel racconto spiega come iniziò la vicenda: “Quello… è venuto il palermitano… mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno… si è messo d’accordo… Dice vi mando i soldi con un altro palermitano. Ha preso un altro palermitano, c’era quello a Milano. Là c’era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello… il senatore”. Il senatore era ovviamente Dell’Utri, definito da Riina “una persona seria”, mentre il “palermitano” era probabilmente il boss Tanino Cinà, che allora convinse Dell’Utri a mandare Vittorio Mangano a lavorare come stalliere ad Arcore nel periodo in cui Berlusconi cercava protezione.

Per Totò Riina, Don Ciotti, il fondatore di Libera “è come Don Puglisi”, il parroco ucciso dal boss nel ’93, e deve fare la stessa fine,”Ciotti, Ciotti,putissimo pure ammazzarlo”.