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ceo apple tim cook gay“Un eccesso da parte del governo e un passo che minaccia la sicurezza dei nostri clienti”. Queste sono state le parole pronunciate da Tim Cook, Ceo di Apple, in seguito alla richiesta di decrittare il telefono del killer di San Bernardino. La questione si propone alquanto spinosa, perché l’azienda di Cupertino si è opposta all’ordinanza del giudice che ha intimato ad Apple di fornire tutta l’assistenza tecnica del caso, necessaria per decrittare i dati che erano contenuti nell’iPhone del terrorista Syed Rizwan Farook, colpevole di aver assaltato il centro di assistenza di San Bernardino il 2 dicembre dello scorso anno.

Spinosa perché gli interessi in gioco sono molti e, secondo il Ceo di Apple Tim Cook, si tratterebbe di un ‘precedente pericoloso’, di una richiesta che da parte di Apple è stata percepita come un’ingerenza troppo massiva del governo USA. Da un lato Apple ha dichiarato che la decisione di opporsi non è stata certamente presa a cuor leggero, ma l’opinione pubblica è subito insorta, a partire dal candidato alla Casa Bianca Donald Trump che ha intimato ad Apple di non ‘tirarsela troppo’ e di iniziare a collaborare con le forze dell’ordine nella lotta contro il terrorismo.

Secondo Cook si tratterebbe invece di un passo che può minare la sicurezza dei suoi clienti e che potrebbe portare a conseguenze che vanno ben oltre la pura decrittazione di un telefono cellulare. Il Ceo di Apple sta infatti guardando avanti, perché se il software cadesse nelle mani sbagliate avrebbe il potere di bloccare ogni telefono o sistema Apple presente in circolazione, con danni incalcolabili per l’azienda e per gli stessi fruitori dei dispositivi.

Anche se il governo degli Stati Uniti ha dichiarato che il controllo sarebbe limitato a questo caso Apple non ci sta, o meglio non si fida, quindi l’azienda ha scelto di portare avanti la sua battaglia in nome della protezione del business e del diritto al controllo che può esercitare sui software di sua esclusiva produzione.

grande-guerramonito-hollande-sulla-pace_456fe21a-1bca-11e4-a5c9-9d48e46d81c5_cougar_imageSi è svolto ieri alla Casa Bianca l’incontro fra il presidente francese Hollande e il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama. Washington ha fatto da sfondo da un incontro atteso, che non poteva non avere luogo alla luce dei tremendi fatti di Parigi di due settimane fa.

I leader politici si sono dimostrati d’accordo sulla linea da mantenere contro il terrorismo internazionale, affermando che gli Stati Uniti e la Francia sono uniti in solidarietà contro il nemico comune. I due leader hanno quindi concordato sul fatto che l’azione contro lo Stato Islamico deve essere intensificata, sia in Siria che in Iraq.

La situazione di ieri era moto tesa, a causa della notizia dell’abbattimento di un caccia russo da parte dell’aviazione turca a causa della violazione dello spazio aereo su Ankara. I due leader si sono quindi trovati d’accordo sul cuore della questione e hanno sancito il patto necessario per distruggere l’Is in comune, in solidarietà e mostrandosi ‘implacabili davanti al male’.

Obama ha quindi ribadito questi concetti nella conferenza stampa che ha fatto seguito all’incontro, ribadendo l’impegno profuso dagli States negli Stati arabi e sottolineando che la Russia deve concentrarsi sulla lotta contro l’Is, il quale deve essere sconfitto anche attraverso la cacciata di Assad dalla Siria e la nascita di un nuovo governo siriano.

Obama ha quindi chiesto all’Europa di condividere le informazioni, soprattutto per quanto riguarda la piaga dei foreign fighters, i guerrieri che ogni giorno partono alla volta della Siria o dei paesi attigui per arruolarsi fra le fila dell’Is. Si tratta di una piaga che coinvolge in particolare lo Stato francese, dove anche molti ragazzi di origine francese decidono di partire spontaneamente per scarificarsi in nome della lotta santa.

L’incontro di ieri ha quindi sancito un’unione che si prospettava già forte, ma che grazie alle parole pronunciate al pubblico si è rivelata attiva e decisamente più rassicurante per il mondo intero.

anonymous-buca-il-sito-della-poliziaA poche ore dalla tragedia accaduta in Francia il 13 novembre Anonymous ha lanciato il suo comunicato contro il terrorismo internazionale. Il video è apparso nella serata di sabato, mostrando innanzitutto la volontà di fermare il sangue, le morti, la paura e il terrorismo che hanno attanagliato la Francia e il mondo intero nelle ultime ore. Il video ha quindi mostrato un cronista avatar che indossava la tipica maschera della serie V per Vendetta e il gruppo ha inizialmente salutato i cittadini del mondo, per quindi affermare il dolore e la solidarietà alle vittime e ai loro parenti.

Anonymous ha quindi affermato di essere sulle tracce dei gruppi terroristici responsabili degli attacchi e di non avere intenzione di fermarsi né tantomeno di dimenticare ciò che è accaduto, dimostrandosi deciso a compiere tutto ciò che è necessario per porre fine al loro operato. Si tratta di parole forti, che erano già state lanciate dopo il sanguinoso attacco alla sede parigina del settimanale satirico Charlie Hebdo e che ora vengono sottolineate e ribadite alla luce nei nuovi terribili fatti di cronaca.

Anonymous ha quindi dichiarato la volontà del gruppo di neutralizzare la tirannia e l’oscurantismo, perché Anonymous è un gruppo, una legione, che non dimentica e non perdona. Si tratta di un video molto intenso, che come sempre è stato accompagnato dalle musiche marziali e dal simbolo dell’associazione, un mondo con al centro una figura con al posto della testa un punto di domanda.

Si tratta di un simbolo che identifica la ‘non personalità’ degli aderenti al gruppo, hacker che provengono da ogni parte del mondo e che agiscono nell’ombra per contrastare episodi di violenza, terrorismo e sopraffazione nell’universo intero. L’annuncio getta quindi speranza sulla possibilità di avere a disposizione un gruppo di persone decise, super preparate e convinte, che possono contrastare i terroristi con le vie informatiche, forse le meno conosciute ed eclatanti, ma nella pratica le più importanti a livello comunicativo e strategico.

CAOS-LIBIA-EBOLA-672x350Intervista rilasciata a La Stampa da Carlo Biffani a proposito della grave situazione in Libia che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per l’Italia. Biffani è un ex ufficiale della Brigata Paracadutisti, esperto di operazioni di forze speciali, security e intelligence privata, attualmente direttore generale di Security Consulting Group, azienda leader della sicurezza privata, nonché esperto di questioni libiche. L’Italia non si è mai trovata così vicina al “centro della criticità”, ha dichiarato l’esperto, che poi ha lanciato l’allarme sui rischi derivanti dall’immigrazione fuori controllo come Ebola e terrorismo islamico

Libia di nuovo nel caso, un Paese dannato?

«La situazione in Libia è davvero drammatica, e mai sino ad ora, il nostro Paese si era trovato così vicino al “centro della criticità”. Il rischio che corriamo è altissimo sotto diversi profili. Quello dell’approvvigionamento energetico. Quello relativo alla possibilità che elementi del Jihad si infiltrino nel nostro Paese per portare lo scontro con l’occidente ad un livello ancora più alto e per dimostrare al radicalismo islamico mondiale che sono in grado di colpire e “ingaggiare il nemico” direttamente nel cuore della cristianità. Quello che soggetti contaminati da virus di Ebola entrino nel nostro Paese contagiando con una malattia che è impossibile da sconfiggere con i farmaci e della quale si sono ammalati già più di mille soggetti».

Cosa alimenta il caos libico?

«Per quanto riguarda la questione interna, la Libia, altro marchiano errore commesso dalla cosiddetta Coalizione quando la medesima decise di destituire con la forza il Colonnello, non è in grado di uscire da sola da questa tragedia ed anzi, ogni giorno che passa è sempre più vicina al baratro che la farebbe precipitare verso scenari irrecuperabili. Ci rendiamo conto del fatto che per la prima volta, due settimane fa, carri armati e pezzi di artiglieria si sono spostati da Misurata a Tripoli per andare a combattere la battaglia dell’aeroporto della capitale? Questo non è più il susseguirsi di scaramucce combattute a suon di Tecnica e di calibro .30. Qui stiamo assistendo, inermi per altro, ad una guerra fra eserciti. Da un lato il movimento radicale islamico con le sue controllate regionali e nazionali, unito in un abbraccio grottesco ma letale con esponenti del mondo del business libico che si sono visti tagliati fuori dai giri che contano dopo la caduta del governo Gheddafi e dall’altra quel che resta di un esercito schierato sul fronte opposto ai fratelli mussulmani ed ai gruppi islamisti. Tutti sembrano agire motivati dall’unico convincimento del “tanto peggio, tanto meglio” e non si capisce come si possa evitare che il conflitto si estenda a tutto il paese, rendendo impossibile l’esportazione di quel petrolio che per noi è di importanza strategica».

Quali sono i rischi più imminenti?

«Il rischio della possibile infiltrazione di veterani, ci riguarda poi direttamente. Chi ci può garantire che non siano giunti qui da noi, fra i centomila disperati che sono arrivati solo dall’inizio dell’anno, reduci delle battaglie siriane ed egiziane, pronti a fare proselitismo ed a riversare su nuovi combattenti le competenze acquisite in questi anni di guerra? Personalmente, sono piuttosto dubbioso del fatto che si riesca a capire chi davvero stia arrivando, visto che troppo spesso non si riesce neppure a tenerli in un centro di accoglienza per il tempo necessario ad identificarli. Di questa nostra incapacità di controllo e della latitanza vergognosa da parte dei nostri partner europei sul tema del contenimento alla immigrazione clandestina, temo che presto, potremmo essere chiamati a pagare conseguenze drammatiche».

Una nuova azione internazionale, magari più defilata, sarebbe utile?

«Si sente parlare sempre più frequentemente e da più parti riguardo alla necessità di una azione militare a sostegno del governo libico, da promuoversi unilateralmente da parte dell’Italia. Chi ne parla, probabilmente non si rende conto del fatto che non vi è la volontà politica di andare a fare la guerra, perché di questo si tratterebbe, ai gruppi radicali islamici, che non vi sono soldi a sufficienza per mettere in piedi una compagine militare capace di spostare gli equilibri e di dare un contributo sostanziale e non considera che un’azione militare di questo tipo, comporterebbe la possibilità di mettere in conto perdite ingenti fra le nostre fila.»

L’Italia è anche il Paese più esposto in termini di migranti…

«Per muovere in questa direzione ed attrezzarci a difendere i nostri interessi regionali, ci sarebbe bisogno, come alcuni esperti sottolineano da giorni, di riconvertire a scopi bellici la missione Mare Nostrum, di schierare unità da combattimento sul terreno, di lanciare sul campo le nostre aliquote di forze Speciali e di far lavorare in attacco la nostra aviazione militare. Le forze da schierare ci sarebbero, visto che la Brigata Paracadutisti Folgore è stata recentemente esclusa dalla rotazione di turno di impiego in Afghanistan, proprio per renderla disponibile rispetto ad esigenze nello scacchiere mediterraneo, ma l’impiego di soldati in guerra comporta rischi come la morte, che preoccupano i decisori politici molto spaventati dalla impopolarità che ne consegue. Mai come ora, questi passaggi sarebbero giustificati dall’Interesse Superiore, ovvero dalla necessità di riportare ad un livello di gestibilità una crisi che ci minaccia direttamente, ma allo stesso modo, mai come ora siamo apparsi impacciati in termini di difesa dei nostri interessi in ambito internazionale. Mai come ora ci si è preoccupati di aspetti di politica internazionale che poco o pochissimo hanno a che vedere con gli interessi del paese e con il riscontro diretto che i loro effetti avranno sulle famiglie italiane già a partire dal prossimo inverno».

Parlava di rischio Ebola attraverso i canali libici…

«Riguardo ad Ebola, vorrei solo capire come si pensa di fare in modo di controllare la possibile diffusione del virus sul nostro territorio, quando vi sono migliaia di profughi che sbarcano settimanalmente sulle nostre coste e vorrei anche capire come si pensa di valutare ed arginare il possibile ingresso di soggetti contagiati, a fronte della necessità di confrontarsi con un agente patogeno letale che ha tempi di incubazione asintomatica fino a 21 giorni. I clandestini che arrivano sul nostro territorio, dopo 21 giorni, sono nella maggioranza dei casi, già fuggiti dai centri di accoglienza ed in giro per il nostro paese. Se non si riesce a controllare il diffondersi della scabbia ed il ripresentarsi di una malattia come la tubercolosi, cosa possiamo e dobbiamo aspettarci riguardo ad una malattia come Ebola? Capisce l’Europa che il rischio è tanto italiano quanto tedesco o norvegese?»

Terrorismo – Nella tarda serata di ieri, il gruppo dell’Antiterrorismo e la Digos di Brescia hanno arrestato il capo e fondatore della filiale italiana di ‘Sharia4’, organizzazione islamica che di recente è stata messa al bando in diversi paesi d’Europa. Il terrorista islamico, un giovane di 21 anni, era alla ricerca di obiettivi per colpire in Italia. Per lui l’accusa è di addestramento con finalità di terrorismo internazionale.

Terrorismo Internazionale – perquisizioni in Italia

A firmare il provvedimento è stato il Gip di Brescia, dopo la richiesta della Dda. Oltre al capo e fondatore, l’Antiterrorismo è sulle tratte di altri 4 marocchini, alcuni residenti a Brescia altri invece a Pordenone. Secondo gli inquirenti, tutti i marocchini coinvolti e perquisiti fanno parte della ‘Sharia4’, un movimento nato nel 2010 in Belgio che prende ispirazione da Omar Bakri, predicatore filo-jihadista.

terrorismoLondra – Torna pesantemente a riproporsi l’incubo del terrorismo a Londra. Nella mattina di oggi, un soldato britannico è stato ucciso a colpi di mannaia in strada da parte di due aggressori. Si tratta presumibilmente di un attentato terroristico, in quanto i due attentatori urlavano “Allah è grande” e volevano farsi filmare mentre compievano il brutale gesto.

Terroristi nigeriani

Stando alle prime ricostruzioni fornite grazie all’aiuto dei testimoni, pare che i due terroristi abbiano prima investito il soldato con un’auto, dopo di che lo hanno decapitato con mannaia e coltelli. I due, non contenti, si sarebbero diretti verso gli agenti di polizia e ne sarebbe scaturito uno scontro a fuoco. Entrambi sono stati arrestati, uno di loro è stato ferito da un agente.

Le parole di uno dei due terroristi

Non c’è quasi più dubbio che si sia trattato di un attacco con matrice terroristica, soprattutto lo si apprende dalle parole di uno degli attentatori: “Noi giuriamo ad Allah l’Onnipotente che non smetteremo mai di lottare. Gli unici motivi per cui abbiamo fatto questo è perché i musulmani muoiono ogni giorno”.

Ci voleva la visita del Papa ad Arezzo per destare Mario Monti da quel sonno catalettico che gli impediva di vedere cosa gli stava accadendo intorno. Assopito e distratto, fino a ora, ha continuato ad arrovellarsi il cervello per trovare il modo di ricavare ancora succo da limoni fin troppo spremuti, nel tentativo di sanare una situazione ereditata già incancrenita.

Ma ora il Premier apre gli occhi e, finalmente, si accorge che “Il presente dell’Italia è segnato da forti tensioni dovute alla crisi economica e alla crisi generata da rapide trasformazioni che generano disorientamento” e che “Con la crisi e la precarietà è inevitabile che cresca il disagio sociale, aumenti il malessere e ci siano segni a volte gravi d’incrinatura nella coesione sociale. Nessuno accetta volentieri i sacrifici e le restrizioni economiche, si tende a diffidare degli altri, l’insicurezza genera ripiegamento su se stessi, frustrazione, aggressività”.

Che cosa ha avuto su Monti l’effetto di un caffè doppio? E’ stata la visita del Papa nel capoluogo aretino a fare questo “miracolo ad Arezzo”, oppure, molto più realisticamente, anche a Palazzo Chigi si sono sentiti i boati della nuova ondata di violenza sociale che, anche se fa ricordare i periodi più bui degli anni ’70, per alcuni versi è peggiore. Come ignorare, infatti, che in pochissimo tempo dalla rivolta individuale passata attraverso i suicidi di piccoli imprenditori e semplici contribuenti strozzati dalle cartelle di Equitalia, siamo già a forme di ribellione violenta. Torna la parola “gambizzato”, tornano le maxi scorte, torna il terrore. E questa volta la rivolta non è contro il “regime”, ma contro “gabelle e i gabellieri”. Corsi e ricorsi storici: 2012 come il 1647, altro che 1970! Solo che oggi non c’è un Masaniello che raduna i popolani per bruciare i banchi del dazio a Piazza del Mercato.

Per Mario Monti si può uscire da questa situazione solo se si recupera la fiducia nel nostro Paese: “Se continuiamo a guardarci con reciproco sospetto, si alimenta la paura e s’indeboliscono le nostre forze. Non dobbiamo arrenderci, ma reagire insieme”. Facile a dirsi, più difficile a farsi. Difficile reagire se non si hanno le energie per farlo. Difficile avere fiducia se non si ha un lavoro e nessuna prospettiva. Difficile essere ottimisti quando ti viene negato tutto, anche il futuro.

pasqua-allerta-terrorismoPer le prossime festività Pasquali, è stata inviata una circolare a prefetti e questori, di diverse città italiane, una circolare che invita a innalzare le misure di vigilanza nei luoghi di culto.

Scatta quindi nel nostro paese l’allerta terrorismo per Pasqua.  Non ci sono delle vere e proprie minacce terroristiche, ma si chiede di potenziare comunque i controlli in città e luoghi dove per la santa Pasqua, ci sarà, una maggiora affluenza di persone.

Massima allerta anche nei pressi delle ambasciate straniere, nel mirino dell’integralismo islamico, e anche nelle città turistiche come Roma, Venezia, Firenze e Bologna. Gli esperti anti terrorismo, temono per il nostro  l’effetto Tolosa, il fenomeno di un terrorista solitario è il più pericoloso e il meno contrastabile.

Serrati e continui controlli da parte della Casa (comitato analisi strategica antiterrorismo), che si riunisce con frequenza al Viminale, per fare il punto sulle possibili minacce terroristiche.

Si tengono sotto controllo sia i centri di aggregazione islamica, sia il canale del web che a volte rilascia informazioni utili su probabili attentatori.