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20160229105033-starbucksStarbucks si muove contro la lotta allo spreco alimentare, annunciando che per combattere gli sprechi e aiutare le famiglie in difficoltà donerà tutto il suo invenduto giornaliero alle associazioni che si occupano di distribuirlo fra la popolazione. Si tratta di una misura imponente, che interesserà 7.600 store del gruppo. La redistribuzione verrà quindi messa in pratica attraverso il programma FoodShare in collaborazione con Feeding America e Food Donation Connection (Fdc).

Lo spreco alimentare negli Stati Uniti, così come in molti dei paesi industrializzati, è un problema che chiede a gran voce di essere affrontato. Secondo i report dell’associazione Feeding America, negli Stati Uniti sono circa 50 milioni le persone che ogni giorno soffrono di fame e malnutrizione. Si tratta di cifre imponenti, che interessano le fasce di popolazione più povere.

Entro il 2021 l’associazione si è quindi proposta di mettere fine a questa piaga sociale, organizzando capillarmente una distribuzione del cibo fresco invenduto. Entro il primo anno la mission è di raggiungere 5 milioni di famiglie bisognose. La collaborazione con Starbucks si rivela essere un tassello in più per il raggiungimento degli obiettivi. La catena di caffetterie non era nuova alla redistribuzione alimentare, che finora interessava solo i dolci. Grazie ai nuovi accordi, potranno essere distribuiti anche i pasti freschi che sono rimasti invenduti nel corso della giornata.

Starbucks è pioniere del progetto assieme a Tesco, famosa catena di supermercati inglesi che ha recentemente annunciato la sua intenzione di donare l’invenduto fresco a una serie di associazioni caritatevoli. Si tratta di una scelta doverosa, visto che regalare il cibo avanzato e ancora buono non è solo positivo per chi lo riceve, ma può togliere una forte voce dal costo dello smaltimento dalle stesse attività commerciali.

Grazie alle campagne pubblicitarie, la raccolta e la successiva redistribuzione del cibo stanno riscuotendo successo fra l’opinione pubblica e questo fatto permette di contare su un grande impegno e su un numero crescente di volontari impegnati nella salvaguardia del cibo. Ne è prova l’impegno della chef catalana Ada Parellada, che ha recentemente presentato un menu composto da ingredienti destinati alla pattumiera e il fatto che molti paesi europei si stiano adoperando per varare misure contro lo spreco alimentare.

La Francia è stata pioniera in questo verso, in quanto ha emesso una legge che chiede ai supermercati di stipulare degli accordi con le associazioni di settore per distribuire il cibo in eccesso, mentre i ristoranti dovranno consegnare ai clienti il cibo avanzato della cena e del pranzo. Una legge simile è stata recentemente approvata anche nel nostro paese e si è proposta di facilitare l’iter delle donazioni al fine di recuperare l’invenduto e distribuirlo attraverso reti capillari alle famiglie e agli utenti che ne hanno quotidianamente bisogno.

cibo materiale da discaricaAnche l’Italia potrà avere la sua legge contro gli sprechi alimentari, dopo la Francia che ha fatto da apripista nello scenario europeo. È infatti in fase di approvazione la cosiddetta Legge Antispreco sostenuta da tante associazioni e presentata dalla deputata del Partito Democratico Maria Chiara Gadda.

Il voto è previsto per la settimana in corso e si tratta di una legge doverosa, che si impegna a favorire l’uso consapevole del cibo e a facilitare il recupero degli alimenti da parte di tutte le associazioni di volontariato e non, che operano attivamente nel nostro paese. Si tratta di una legge che mira soprattutto a ‘sburocratizzare’ le procedure che interessano la raccolta e le donazioni di alimenti e anche di farmaci.

La legge francese si è basata soprattutto sulla penalizzazione, mentre quella italiana vuole concentrarsi sugli incentivi e sulla semplificazione burocratica. Si tratta di manovre doverose che possono permettere ai donatori di relazionarsi in modo migliore e più efficace con i soggetti coinvolti, quali le imprese alimentari, i supermarket e i ristoranti. La dichiarazione di voler fare una donazione degli alimenti doveva essere effettuata finora cinque giorni prima della donazione, mentre con la promozione della nuova legge basterà un consuntivo a fine mese, che si impegnerà a riepilogare il tutto. Il fine è di tracciare il cibo, perché anche se donato e buono, in alcuni casi potrebbe far insorgere dei problemi. È quindi doveroso che chi lavora nel campo della distribuzione e gli stessi consumatori ai quali i recuperi di cibo sono destinati ne possano conoscere l’esatta provenienza.

Il cibo riutilizzato deve essere inteso come un prolungamento del cibo buono e la legge ha scelto di concentrarsi sul concetto di dono e sull’obiettivo di ridurre gli sprechi. Il testo si presenta diviso in 17 articoli e annovera normative sulla sicurezza alimentare e fiscale, al fine di contrastare fin dall’inizio la possibile proliferazione di forme di mercato nero o evasione. La legge prevede anche la possibilità di distribuire beni alimentari confiscati, il che già avviene ma a sola discrezione dei magistrati.

Aprendo anche questa possibilità, il circuito della redistribuzione alimentare può diventare decisamente più ampio e offrire benefit e sconti alle aziende e imprese che aderiscono alle iniziative. Si tratta, alla fine dei conti, di una legge interessante dal punto di vista economico e fondamentale per la socialità del paese. Gli sprechi alimentari stanno facendo registrare dati economici decisamente importanti, che se ben canalizzati possono aiutare l’intero comparto degli alimentari a migliorare, ma soprattutto aiutare un’importante fetta di popolazione che attualmente si trova in difficoltà nella vita di ogni giorno.

rubrica-aziendaleFinalmente gli utenti scontenti dei prezzi e dalla scarsa qualità dei servizi, imparano a liberarsi di quei fornitori che fanno sprecare denaro e tempo, con i servizi che ci vendono. Nel 2013 ben il 63% degli italiani ha cambiato almeno uno dei suoi fornitori.

Tutto è entrato in discussione,  le utenze domestiche,gas e luce, la telefonia fissa e mobile, Internet, servizi bancari, i voli. la Tv a pagamento, le assicurazioni, infatti si parla ormai di una “switching economy”( un’economia legata al cambio del fornitore) e l’Italia è al terzo posto dopo la Germania e la Gran Bretagna.

Le cifre dal punto di vista aziendale sono considerevoli, nel nostro paese il mercato si aggira sui 150 miliardi di euro.

I consumatori hanno la possibilità attraverso il web di confrontare e valutare le tante offerte, e quindi di poter scegliere in base alla qualità dell’offerta e del prezzo, i nuovi consumatori italiani sono molto più attenti e informati e, se ritengono di aver ricevuto un servizio scarso o pensano che stanno sprecando soldi con un servizio troppo costoso e deludente sul piano dei risultati ,non ci pensano due volte a cambiare fornitore.

E’ un’altro segnale della maturità degli italiani contro gli sprechi, gli utenti insoddisfatti dei prezzi o della cattiva qualità di un servizio passano in blocco alla concorrenza, così risparmiano e costringono le aziende a essere più oneste e non barare.