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Notizie riguardanti il mondo della scuola.

scuola-6753Un euro all’ora per i commissari esterni è uno stipendio irrisorio, che chiede di essere ritoccato. Così ha commentato la riforma della scuola che interessa la chiamata dei commissari esterni a vigilare le prove di esame il premier Matteo Renzi. Un euro per ogni ora di lavoro è uno stipendio che deve essere rivisto e il governo deve quindi lavorarci, ma nel frattempo le nomine sono ferme e nessuno vuole ricoprire questo ruolo, da nord a sud. Tante sono infatti le provincie che sono ancora sguarnite di queste figure, indispensabili per il prosieguo degli esami che si terranno nei prossimi mesi.

La buona scuola sembra quindi presentare tanti problemi e avere fatto tanti buchi nell’acqua, soprattutto per quanto riguarda i precari e il loro inserimento nel contesto lavorativo scolastico. Ad affermarlo e a condividere la lotta contro il precariato ci ha pensato un big della musica italiana, Piero Pelù, che si è prontamente mobilitato contro il concorso truffa, leit motiv di questi giorni.

Sul suo profilo Facebook, il cantante fiorentino ha pubblicato un’immagine dove tiene in mano un cartellone con l’hashtag #noalconcorsotruffa. Il profilo di Piero Pelù vanta moltissimi followers e il cantante si è sentito in obbligo di manifestare il suo dissenso contro un sistema che non si propone chiaro e che non permette di risolvere il problema del precariato nel sistema scolastico del nostro paese.

Pelù ha quindi dichiarato che migliaia di insegnanti gli scrivono ogni giorno sul suo profilo, lamentando che il concorso truffa potrebbe far perdere il posto di lavoro guadagnato dopo anni di lavoro e di sacrifici. Si tratta di un sistema fasullo e non meritocratico, che dimostra la scarsa attenzione dello Stato e del governo sul tema fondamentale dell’istruzione. Il cantante, da sempre impegnato nelle battaglie sociali, ha quindi concluso chiedendo l’attenzione dell’opinione pubblica del governo perché il ‘concorso truffa’ venga cambiato, così come le sue regole, che non sono giuste né sufficienti per contrastare il problema del precariato che affligge il sistema scolastico italiano.

scuola-675363.712 docenti assunti nel corso di tre anni. E’ questa la stima proposta dal Ministro della Scuola Giannini nel corso della conferenza stampa indotta ieri sulla Buona Scuola. Le domande sono state molte, e il Ministro ha saputo dare spiegazioni chiare su quale sarà il futuro riservato ai docenti che mirano ad ottenere un posto di cattedra a tempo indeterminato, quindi a favorire la costruzione di una scuola concreta, priva di stacchi per gli studenti e per gli stessi docenti.

Su 200mila candidati che potranno accedere alle prove di esame, si presuppone che uno su tre potrà ottenere un posto di lavoro a tempo indeterminato. Il primo concorso è dedicato agli abilitati e mira a sistemare la situazione che si registra nelle scuole elementari, medie e superiori. Si tratterà di una prova scritta da attuare a fine marzo, con conseguenti colloqui orali previsti per la prima settimana di giugno. Niente quiz, test o crocette, ma una prova al computer che farà risparmiare tempo alle persone, materiale cartaceo al ministero e che porterà velocità e chiarezza nella correzione degli esami. La prova scritta elaborata dal Ministro si baserà infatti su otto domande aperte, due delle quali in lingua inglese e i candidati avranno a disposizione due ore e mezza per completare il loro lavoro.

Una lezione di 45 minuti, durante la quale il candidato dovrà dimostrare di essere capace nell’insegnamento seguirà quindi lo scritto e la novità di quest’anno si propone essere la prova di laboratorio, ovvero un laboratorio dove gli aspiranti docenti mostreranno come hanno intenzione di passare le proprie conoscenze agli alunni, soprattutto nelle materie più pratiche. 10 le ore a disposizione in questo caso, ridotte ad 8 per i progetti di design.

Secondo il Ministro, si tratta di un concorso che mira non solo a valutare le effettive capacità dei docenti, ma che nel corso dei tre anni preposti diventerà la base della buona scuola, per dare vita ad assunzioni coerenti e al servizio del sistema scolastico del nostro paese.

vaccino influenza 2014 mortiDa rumors dell’ultima ora, la decisione di non permettere ai bambini non vaccinati di frequentare le scuole pubbliche sta diventando un’opzione sempre più reale, che coinvolge tutte le regioni del nostro paese. Le regioni si sono infatti riunite per stabilire il piano vaccini e per trovare i fondi necessari per attuare la manovra, che richiede nel complesso un esborso di circa 300 milioni di euro.

Due sono le novità che maggiormente interessano il piano biennale, che si propone di coprire gli anni dal 2016 al 2018. Il primo interessa la possibilità di non ammettere alla scuola pubblica i bambini che sono privi dei vaccini, mentre il secondo implica sanzioni per i medici che sconsigliano i pazienti di effettuare la profilassi dei vaccini obbligatoria per legge.

La manovra si propone quindi dura e restrittiva e alla base si propone di contrastare l’abbassamento imponente del numero dei bambini vaccinati nel nostro paese. Dopo casi di malattie rare tornate alla ribalta e di episodi di contagio fra bambini e familiari, lo Stato ha deciso di intervenire su questa spinosa questione, ponendo un veto molto forte, che da una parte interessa le famiglie e dall’altro riguarda attivamente le strutture sanitarie.

La scelta è ancora al vaglio delle commissioni, ma il piano economico ha già previsto un fondo per attuare queste manovre, che richiederanno controlli specifici e quindi lo stanziamento di denaro per effettuare il monitoraggio dei bambini che non sono stati vaccinati e dei medici che non consigliano la profilassi. Il piano è quindi nel pieno della sua attività e la commissione sta lavorando per trovare una formula che sia unica per tutte le regioni e che possa essere intesa come benefica per tutta la comunità.

scuola-6753Nella giornata di ieri si sono riuniti gli Assessori alla Sanità delle regioni italiane, per discutere del nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale. Si tratta di un programma che prevede di non ammettere a scuola i bambini che per scelta dei genitori non sono stati sottoposti ai rituali vaccini e che quindi non sono in regola con il libretto delle vaccinazioni. Controversa, ma approvata all’unanimità, la scelta fa seguito all’allarme diramato dall’Istituto Superiore di Sanità sull’aumento del numero di famiglie che scelgono spontaneamente di non far vaccinare i propri figli.

La decisione presa ieri si rivela quindi unanime e significativa di una rotta che lo Stato e le regioni hanno deciso di intraprendere, sollecitata anche dalla diffusione di una petizione sul sito change.org di una madre che si è vista contagiare tutta la famiglia per la pertosse contratta dalla figlia. Il ministro della salute Lorenzin avalla la scelta e la proposta degli assessori regionali, quindi il piano vaccinale sarà proposto il 20 ottobre alla Conferenza delle Regioni, per poi approdare lo stesso giorno alla Conferenza dello Stato e delle Regioni.

La scelta sembra oramai essere indirizzata e porterebbe al ripristino di una regola che era stata cancellata ben 18 anni fa da una circolare che stabiliva che il diritto alla scuola non doveva essere legato alla presenza dei vaccini. Secondo il responsabile del coordinamento degli assessori, si trattava di tempi in cui la copertura era totale, mentre al giorno d’oggi esistono realtà molto eterogenee e alcune province presentano tassi molto bassi, che arrivano anche all’85% di soggetti vaccinati. In termini pratici ciò può significare che su una classe di bambini, tre potrebbero essere non vaccinati e quindi potenzialmente rischiosi per il resto della scolaresca.

scuola-6753Fa discutere la recente approvazione da parte del Consiglio regionale della Lombardia della mozione presentata dalla Lega Nord che chiede di contrastare la diffusione della teoria gender negli istituti scolastici lombardi. Favorevole all’approvazione il centro destra, che ha bollato la teoria gender come pericolosa per i bambini, mentre contrari sono risultati il PD, il Movimento 5 Stelle, i quali hanno inteso come ignorante e oscurantista la scelta di bloccare la diffusione dell’argomento nelle scuole lombarde. La mozione è stata approvata mediante voto segreto con il sostegno della giunta Maroni, quindi quel che è fatto è fatto: i bambini lombardi non sentiranno parlare di teoria gender durante le ore scolastiche.

Secondo Romeo, portavoce lombardo del carroccio, l’educazione alla sessualità spetta alla famiglia e non alla scuola e la richiesta di bloccare la diffusione del materiale scolastico che parla di teoria gender è in linea con la Costituzione e con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In regione è stato sollevato un vero e proprio polverone, in quanto dopo l’approvazione, il presidente di Forza Italia Claudio Pedrazzini ha sottolineato il fatto che il rispetto della persona si realizza quando sono chiare ‘le differenze fra la natura umana’, mentre Luca del Gobbo di Ncd ha messo in guardia i presenti sul ruolo della comunità scientifica, che non va sottovalutato in quanto favorevole alla spiegazione della teoria gender negli istituti scolastici.

Le repliche da parte dell’opposizione sono arrivate pronte e i termini impiegati sono stati ‘ignoranza‘ e ‘oscurantismo‘. L’abolizione della diffusione della teoria gender è stata infatti letta come un gesto per colpire i diritti dei cittadini, fra i quali le unioni di fatto e i diritti delle persone omosessuali. La vicepresidente del Consiglio regionale Sara Valmaggi del Partito Democratico ha inoltre bollato come illogica la manovra, in quanto non esiste nessuna normativa approvata nel Parlamento Italiano che indica di inserire la teoria gender nei programmi scolastici. La stessa teoria è stata dichiarata ‘fantomatica‘, in quanto esistono solo studi sul genere. La vicepresidente ha quindi sottolineato la vocazione alla parità dei generi, la lotta contro la discriminazione e agli stereotipi, concetti che sono contenuti nella Costituzione italiana e che rischiano di non essere applicati a dovere, almeno nei programmi scolastici offerti dalla regione Lombardia.

parità-di-genere1Durante l’estate il fermento per l’introduzione nelle scuole di materiale didattico sulla parità di genere aveva scosso decisamente gli animi, soprattutto quelli di una fetta di popolazione che è convinta che ai bambini non si debba parlare di certi argomenti, perché prematuro o perché fuori luogo. Fra gruppi Whatsapp e infiniti post su Facebook, sembra che i genitori si siano concentrati su questo argomento, nell’attesa di conoscere le decisioni del governo in merito a questa scelta così problematica.

Ora che le scuole sono iniziate si è passati all’azione, e molte sono le manifestazioni che si sono tenute in tutta Italia per condannare la pubblicazione di materiale che spieghi la teoria del gender e la parità di genere ai bambini, con la presenza di striscioni da parte dei movimenti dell’estrema destra studentesca e affollatissimi incontri in tutta Italia, spesso organizzati dalle stesse amministrazioni pubbliche.

I tavoli dei dirigenti scolastici sono stati inoltre inondati da numerose richieste che chiedono di espellere dall’offerta scolastica tutte le attività che interessano l’omosessualità e la sua spiegazione in ambito scolastico quindi, per porre rimedio a questa situazione così particolare, il ministro dell’istruzione Giannini ha deciso di emanare una circolare con riferimenti chiari a tutti gli istituti scolastici.

La circolare, emanata ieri, ha riportato che nella legge della Buona Scuola voluta dal governo Renzi non si parla di teoria gender e minaccia anche querele a chi andrà a criticarla sotto questo aspetto. Certamente la circolare ribadisce che è volontà della nuova scuola aprire gli orizzonti al concetto di parità di genere, forse doveroso da insegnare anche ai ragazzi in modo neutro e scolastico, ma risulta inevitabile che i tanti cavilli e le zone d’ombra della manovra lascino spazio all’apertura di questo argomento così problematico e così dibattuto.

scuola precari

I precari della scuola italiana hanno oggi ottenuto una piccola vittoria, grazie all’Unione Europea. «La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione. Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato»: così recita infatti la sentenza della Corte di giustizia europea sui precari della scuola in Italia.

I giudici sovranazionali hanno spiegato che la direttiva comunitaria contrasta con la nostra normativa, che da decenni crea fiumi di precari nel mondo della scuola, senza alcuna possibilità di risarcimento. Secondo il parere della Corte, insomma, non esistono criteri «oggettivi e trasparenti» per giustificare la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio. Ma cambierà effettivamente qualcosa, adesso, per tutti i docenti precari?

Tutta la vicenda è nata dalle cause presentate da un gruppo di lavoratori precari assunti in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi con tanti contratti di lavoro a tempo determinato in successione. Poiché ritenevano illegittimi questi contratti, i lavoratori hanno richiesto l’immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra i contratti e il risarcimento del danno subito. E i giudici europei hanno dato ragione a questi lavoratori: perché la nostra legge «non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine». Dato però che si tratta di un rinvio pregiudiziale, la Corte non risolve la controversia nazionale. Comunque si tratta di una vittoria storica.

Esulta ad esempio l’Anief: «Vittoria storica del sindacato, cinque anni dopo la denuncia alla stampa e un contenzioso avviato presso le Corti del lavoro per migliaia di supplenti – dichiara il presidente Marcello Pacifico – E ora 250mila precari possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante».

scuola protestaE’ partita oggi una grande mobilitazione studentesca in tutta Italia, al grido di “La Grande Bellezza siamo noi”. Sono migliaia e migliaia gli studenti che hanno deciso di scendere in piazza per la mobilitazione indetta dall’Udu, l’Unione degli studenti universitari, e dalla Rete degli Studenti Medi. I ragazzi protestano soprattutto contro la riforma della scuola ‘la buona scuola’, voluta da Renzi. Sarebbero oltre 80mila i ragazzi coinvolti, a cui si aggiungono anche tutti gli insegnati aderenti ai Cobas, che protestano contro le assunzioni di precari promosse dall’attuale Governo.

A Roma il corteo è partito da piazza della Repubblica, e ha attraversato gran parte della Capitale. In particolare i ragazzi protestano anche contro la riforma del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, contro “la precarietà permanente”, e contro lo Sblocca Italia. Insomma, un po’ contro tutto l’operato del Governo Renzi. Il corteo romano è arrivato fin sotto il Ministero dell’Istruzione, a Trastevere.

Già stanotte, tra l’altro, alcuni studenti dell’Uds (Unione degli Studenti) avevano effettuato un blitz di fronte al Miur, per esporre lo striscione “stiamo arrivando! #entrainscena il #10o!”. Ci si riferisce qui ai quasi 100 cortei studenteschi previsti in tutta Italia contro il piano scuola del governo: cortei che sono stati molto numerosi anche a Bologna, Napoli, Palermo e Milano. Secondo Gabriele Scuccimarra, dell’Unione degli Universitari, il Jobs Act di Renzi non farà altro che aumentare “la precarietà senza garantire nessuna tutela a chi entrerà nel mercato del lavoro. Una riforma portata avanti a colpi di fiducia e deleghe, senza ascoltare i giovani e rifiutando il confronto”. Toni molto simili anche da Link, uno dei sindacati studenteschi.

La protesta intanto continuerà, e andrà oltre la giornata del 10 ottobre: gli studenti infatti annunciano la loro partecipazione alla giornata del 25 ottobre, a Roma, insieme alla manifestazione nazionale della Cgil. Senza dimenticare l’appuntamento annuale il 17 novembre, per la giornata internazionale dello studente.