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soldiTrasparenza sul 5 per mille: questo è stato chiesto dalla CEI durante la riunione di Genova che si è tenuta nei giorni scorsi. Il consiglio si è proposto di tracciare le linee guida di un intervento promosso a rendere più rigorosa la gestione del contributo statale. A conti fatti, si tratta della risposta più o meno diretta ai rilievi che erano stati resi noti dalla Corte dei Conti, che nelle sue deliberazioni aveva sollevato una questione legata alla verifica dei fondi percepiti. Secondo il Collegio, il controllo dei fondi erogati non era infatti di natura contabile, ma basata sul controllo delle finalità, quindi troppo poco per la legge italiana.

I vescovi riuniti si sono quindi imposti di porre rimedio alla questione, introducendo la richiesta di consegna del bilancio preventivo e consuntivo per provare l’impiego etico e la precisa rendicontazione dei proventi. Si tratta di un sistema che si propone di porre rimedio agli episodi di truffa che erano stati registrati a Montecassino e a Trapani, dove i soldi del 5 per mille erano finiti nell’acquisto di beni di lusso anziché per le opere caritatevoli ai quali erano stati destinati.

Il collegio ha quindi chiesto chiarezza, e la CEI ha prontamente risposto con un sistema di controllo che potrà rassicurare i donatori nel futuro più prossimo. Si tratta di una manovra che era stata chiesta a grande voce dalla stessa curia, per bloccare le infiltrazioni di marcio nel sistema. Tanti sono infatti i denari investiti ogni anno nella costruzione di opere religiose e di progetti benefici da parte della Chiesa, ma la questione del 5 per mille chiedeva di essere sanata e regolarizzata per non permettere che certi episodi si ripetessero, soprattutto alla luce dell’imminente periodo di dichiarazione dei redditi che attende il popolo italiano.

scuola protestaE’ partita oggi una grande mobilitazione studentesca in tutta Italia, al grido di “La Grande Bellezza siamo noi”. Sono migliaia e migliaia gli studenti che hanno deciso di scendere in piazza per la mobilitazione indetta dall’Udu, l’Unione degli studenti universitari, e dalla Rete degli Studenti Medi. I ragazzi protestano soprattutto contro la riforma della scuola ‘la buona scuola’, voluta da Renzi. Sarebbero oltre 80mila i ragazzi coinvolti, a cui si aggiungono anche tutti gli insegnati aderenti ai Cobas, che protestano contro le assunzioni di precari promosse dall’attuale Governo.

A Roma il corteo è partito da piazza della Repubblica, e ha attraversato gran parte della Capitale. In particolare i ragazzi protestano anche contro la riforma del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, contro “la precarietà permanente”, e contro lo Sblocca Italia. Insomma, un po’ contro tutto l’operato del Governo Renzi. Il corteo romano è arrivato fin sotto il Ministero dell’Istruzione, a Trastevere.

Già stanotte, tra l’altro, alcuni studenti dell’Uds (Unione degli Studenti) avevano effettuato un blitz di fronte al Miur, per esporre lo striscione “stiamo arrivando! #entrainscena il #10o!”. Ci si riferisce qui ai quasi 100 cortei studenteschi previsti in tutta Italia contro il piano scuola del governo: cortei che sono stati molto numerosi anche a Bologna, Napoli, Palermo e Milano. Secondo Gabriele Scuccimarra, dell’Unione degli Universitari, il Jobs Act di Renzi non farà altro che aumentare “la precarietà senza garantire nessuna tutela a chi entrerà nel mercato del lavoro. Una riforma portata avanti a colpi di fiducia e deleghe, senza ascoltare i giovani e rifiutando il confronto”. Toni molto simili anche da Link, uno dei sindacati studenteschi.

La protesta intanto continuerà, e andrà oltre la giornata del 10 ottobre: gli studenti infatti annunciano la loro partecipazione alla giornata del 25 ottobre, a Roma, insieme alla manifestazione nazionale della Cgil. Senza dimenticare l’appuntamento annuale il 17 novembre, per la giornata internazionale dello studente.

camusso-congressoCgil in una nota pubblicata sulla home page del proprio sito afferma ‘La Riforma del lavoro’ – meglio conosciuta come Jobs act – è in contrasto con la disciplina europea.

Il sindacato ha spiegato così la scelta di ricorrere alla Commissione europea: “La legge 78, che elimina l’obbligo di indicare una causale nei contratti a termine, sposta la prevalenza della forma di lavoro dal contratto a tempo indeterminato al contratto a tempo determinato, in netto contrasto con la disciplina europea che, al contrario, sottolinea l’importanza della stabilità dell’occupazione come elemento portante della tutela dei lavoratori”.

La leader della Cgil Susanna Camusso ha, poi, attaccato il ministro del Welfare Giuliano Poletti, autore del Jobs act: “Chiediamo al Governo di porre riparo cancellando quelle tipologie contrattuali fonte di abusi nel nostro ordinamento e riportando i contratti a termine ad un uso funzionale con peculiari esigenze dell’impresa che ne giustificano l’utilizzo”.

“Quattro i punti principali su cui si basa il ricorso – spiegano dalla Cgil – la causalità per il ricorso ai contratti a termine rappresentava un argine contro un loro utilizzo improprio”. E ancora: “eliminarne la motivazione lascia spazio a usi impropri che penalizzano il soggetto debole, cioè il lavoratore”.

Secondo il sindacato, inoltre, “il combinato disposto di causalità, rinnovi e proroghe espone il lavoratore al rischio di non riuscire a firmare mai un contratto ‘stabile’ indicato come ‘contratto comune’ proprio dalla normative europee, con forti penalizzazioni soprattutto per i soggetti più ‘a rischio’, lavoratori over 50 e donne; si introduce un’assoluta discrezionalità rispetto ai licenziamenti”. Infine, non ci sarebbe alcuna prova statistica che “all’aumento della precarietà corrisponda un aumento dell’occupazione”.

manifestazione disoccupatiParliamo in questo post di uno degli argomenti all’ordine del giorno, il lavoro e i giovani e dei nuovi arrivi nel ddl sulla riforma del lavoro. Un’argomento di discussione di importanza rilevante, infatti sono in arrivo importanti novita’ per i lavoratori a progetto che potrebbero usufruire e godere di un salario minimo garantito, ma la cosa piu’importante e’ un loro indennizio in caso di perdita del lavoro.

A fare chiarezza su tutto ciò, sono le proposte contenute negli emendamenti dei relatori Tiziano Treu del Pd e Maurizio Castro del Pdl, dove si prevede un salario base con una tantum per tre anni in via sperimentale.

Un commento positivo su questo nuovo progetto lo dichiara il Ministro Fornero, che questa nuova politica potrebbe essere la ripresa dell’economia, cominciando a far crescere i redditi dei lavoratori, e se la cosa in questi tre anni di sperimentazione, andra’ a buon fine, replica il Ministro, si potra’ passare ad un’ammortizzatore sociale, restando cosi’ negli standard che ci richiede l’Europa. Tra le principali novità troviamo: il compenso, che deve essere adeguato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito.

Per i subordinati invece, come sopracitato si partira’ con una base di tre anni, dove se si lavorera’ per circa 6 mesi come co co pro, dove le risorse per questo progetto dovrebbero superare i 100 milioni di euroe si arrivera’ a prendere intorno ai 6.000 euro, in seguito una verifica e a susseguirsi la mini-Aspi, con una durata del primo contratto a termine che salira’ da 6 mesi ad 1 anno.

Per quanto riguarda invece i lavoratori inseriti in un’azienda con partita iva e fatturano solo ed esclusivamente per quella azienda, vengono considerati tali solo quelli che fatturano oltre i 18mila euro.