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bollo-autoDopo il dieselgate che ha scosso il mondo dell’automobile lo scorso anno con il caso Volkswagen, un nuovo scandalo si sta affacciando nel mercato. Sotto accusa è questa volta il colosso francese Renault, che nelle settimane scorse è stato accusato di aver superato la soglia delle emissioni fissate dalle norme antinquinamento europee. I gendarmi francesi e i corpi speciali preposti al controllo dei veicoli avevano fatto irruzione in molti stabilimenti della casa automobilistica già da inizio anno, concentrandosi in particolare sulle sezioni tecnologiche e sugli stabilimenti dove venivano effettuati i test delle emissioni. Il risultato si è letto nel ritiro di ben 15 mila veicoli che devono ancora essere messi in commercio, per adeguarli nel motore alle richieste di emissione stabilite dalla UE.

L’annuncio del ritiro è stato promulgato dal ministro dell’Ecologia francese, Ségolène Royal, ai microfoni della radio RTL. La politica ha dichiarato che la casa automobilistica francese si è impegnata a ritirare le vetture per verificare la corretta regolazione e il funzionamento del sistema di filtraggio, perché queste sezioni possano funzionare a dovere in ogni condizione termica. Il nodo della questione sarebbe infatti da ricondurre alle condizioni climatiche esterne, perché sotto i 17 gradi di temperatura esterna o in condizioni di elevata temperatura, le macchine non sarebbero più in grado di assicurare gli standard di emissione previsti e richiesti dalla commissione europea.

Rumors arrivano nel frattempo dal quotidiano Les Echos, il quale ha affermato che Renault potrebbe richiamare all’appello altre 70mila vetture per metterle a norma. I proprietari di automobili Renault potranno nel frattempo richiedere alla casa automobilistica i controlli del caso, per verificare che le loro automobili siano a norma. La casa automobilistica ha inoltre annunciato che nelle prossime settimane attuerà un piano di riduzione dei gas di scarico dedicato ai motori diesel, in quanto un campione di modelli aveva superato abbondantemente i canoni richiesti per le emissioni di ossidi di azoto e di CO2.

meganesportourautocarroNei giorni scorsi gli agenti di polizia della sezione anti frode francese hanno dato vita ad una serie di accurate perquisizioni in molti degli impianti produttivi Renault dislocati nel paese. L’ipotesi è piuttosto chiara, perché al vaglio degli investigatori c’è la possibilità che i motori diesel realizzati dalla casa automobilistica francese siano stati equipaggiati con software preposti ad eludere i controlli sulle emissioni. Si tratterebbe quindi di un caso molto simile, se non analogo, a quello registrato nel corso del 2015 da Volkswagen, il cosiddetto dieselgate che ha scosso il mondo dei motori e anche dell’economia internazionale.

Secondo le notizie riportate dai quotidiani francesi, gli agenti del nucleo anti truffa avrebbero sequestrato numerosi PC dagli uffici della Renault. In seguito all’esplosione del caso dieselgate, l’azienda francese aveva dichiarato di avere immesso nel bilancio una voce di 50milioni di euro per poter mettere in linea i livelli di emissione delle sue vetture, ma stando ai controlli effettuati e alle ricerche in corso la manovra potrebbe non avere avuto luogo, portando la casa automobilistica a registrare irregolarità su questo fronte.

Nel frattempo il titolo Renault ha perso il 10% in borsa in seguito alla diffusione della notizia e il settore automobilistico è in uno stato di decisa tensione. Si tratta di un periodo buio per le auto in Europa e in tutto il mondo, anche per l’italiana FCA, che attualmente si trova in difficoltà sulle quotazioni della borsa milanese, a causa dell’accusa di avere falsificato le vendite negli Stati Uniti e al crollo delle stesse in terra di Russia.

Per quanto riguarda il caso Renault, molti sono stati gli stabilimenti perquisiti in questi giorni dalle forze dell’ordine, fra i quali il centro ingegneristico di Lardy a sud di Parigi e l’importante tecnocentro di Guyancourt. La casa madre ha confermato che le perquisizioni hanno avuto luogo, ma ha dichiarato di aver rispettato tutti i test che erano stati richiesti dal ministro dell’ambiente Ségolène Royal, i quali non avevano evidenziato frodi di sorta nei loro risultati.