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pubblicità

pubblicità fantasmaLa pubblicità fantasma fa male ai nostri smartphone e si rivela essere un fenomeno molto diffuso, che interessa 12 milioni di device nel mondo e circa 5 mila applicazioni che si rivelano ‘sospette’. A dichiararlo è la grande società Forensiq, specializzata nello studio di frodi online, che si è occupata di analizzare la situazione attuale in merito a questo scottante tema.

Le pubblicità fantasma possono infatti arrivare a consumare fino a 2 giga di traffico al giorno, nonché ad intaccare la salute della batteria a causa di una visualizzazione non richiesta, spesso animata, quindi la società stima i danni di questo fenomeno su una base di 1 miliardo di dollari solo nel 2015.

Per riuscire a comprendere quali pubblicità sono ‘fantasma’, ovvero non sono reali ma a base di frode, i ricercatori della società hanno impiegato un algoritmo che registra i comportamenti delle app a caccia di aspetti ‘non umani‘. Si tratta, ad esempio, dell’eccessivo numero di visualizzazioni che avviene ogni minuto o la multiconnessione attuata in archi di tempo troppo brevi per essere reali.

Il rapporto stilato dalla società Forensiq parla chiaro, in quanto le app fraudolente sono ree di generare traffico mediante le principali piattaforme di scambio di banner pubblicitari e le connessioni sono davvero molte, circa 1100 al minuto. Ecco che i programmi nascosti al loro interno vanno a simulare dei click random che collegano il telefono con la relativa pagina degli inserzionisti, ovviamente senza che chi impiega l’applicazione ne sia a conoscenza. Il 15% delle app testate dagli specialisti sono quindi a rischio frode, perciò si tratta di un campo che merita attenzione e soprattutto di una legislatura severa che punisca in modo esemplare questi comportamenti truffaldini.

youfeed-patatine-in-busta-l-unione-nazionale-consumatori-chiede-verifiche-su-3-produttoriL’Antitrust, secondo quanto riferisce l’Unione nazionale consumatori, “ha aperto un procedimento su Pata S.p.A., Ica Foods S.p.A. e Amica Chips S.p.A”: nella nota diffusa dall’associazione di categoria si accusano i tre produttori di patatine in busta di utilizzare sulle proprie confezioni diciture ingannevoli, quali “light” o “artigianali”, violando il regolamento europeo sui “claims”, ossia le indicazioni volontarie che devono rispettare criteri diversi da quelli di etichettatura, invece obbligatori.

La patata fritta in busta spesso inganna con quelle diciture ammiccanti su preparazioni light o artigianali. Ne sono convinti i consumatori che hanno denunciato alcune campagne pubblicitarie all’Antitrust. E’ quanto fa sapere l’Unione nazionale consumatori in una nota.

“Nel mercato delle patatine fritte in busta, le cosiddette chips, sono diffuse alcune campagne pubblicitarie che promuovono questo genere di prodotti in modo poco trasparente” dice Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori.
Secondo i consumatori le tre aziende “pur con delle differenze, promuovono le chips puntando sull’artigianalità, la minore percentuale di grassi e l’utilizzo di ingredienti di prima qualità;
non sempre però è vero quanto pubblicizzato con claims accattivanti e con una veste grafica che richiama la tradizione: sulle confezioni di Amica Chips (prodotti denominati ‘Eldorada’ e ‘Alfredo’s’) e Ica Foods (‘Le Contadine fatte a mano’), ad esempio, si legge rispettivamente che le patatine sono ‘cotte a mano’ e ‘fatte a mano’, mentre su quelle prodotte da Pata S.p.A., troviamo la dicitura ‘patatina artigianale’ persino nel nome del prodotto (appunto ‘Patatina artigianale’).

“I tre produttori -aggiunge Massimiliano Dona- ci tengono ad esibire un’immagine light, pubblicizzando il basso contenuto di grassi delle loro chips, ma fanno ricorso a slogan sommari, con indicazioni superficiali che non rispettano la normativa europea di settore”.
Le aziende inoltre secondo i consumatori pubblicizzerebbero ingredienti con tanto di immagini sulle confezioni, ma che poi si fatica a trovare nelle ricette.