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Prato

papaPapa Francesco è in questi giorni in visita in Toscana, in particolare nelle città di Prato e di Firenze. Si è trattato di un viaggio italiano significativo, in quanto il papa mancava da molti anni da queste città e alta è stata l’attesa da parte della folla. Nella città del tessile, Prato, l’attesa ha infatti coinvolto ben 30mila fedeli, che si sono concentrati nelle vie del centro dove il papa è passato con la sua papa mobile.

Si è trattato di un evento importante, non solo per la città, ma a livello di tessuto sociale, perché negli ultimi anni Prato ha cambiato volto, grazie all’importanza dell’industria tessile che in questo luogo ha condotto moltissimi cittadini di nazionalità straniera, soprattutto cinese, a trasferirsi e stabilizzarsi nel territorio. Le parole del vescovo Agostinelli si sono infatti rivolte a questa trasformazione generazionale e hanno invocato un’unione fra la comunità italiana e quella cinese.

Un grande striscione della Chinatown cattolica è infatti apparso nella piazza del Duomo di Prato e un delegato della comunità cinese ha partecipato alla funzione che si è tenuta nella basilica cittadina. Una visita di unione? Sicuramente sì, in quanto la cittadina toscana aveva sicuramente bisogno di un messaggio di unità e di speranza che potesse accompagnarla in questi anni di radicata trasformazione sociale.

Nel suo discorso Papa Francesco ha inneggiato all’importanza del lavoro, visto come ricerca di verità e ha sottolineato la necessità da parte dei giovani di non abbandonare mai le proprie speranze e di guardare sempre verso un futuro migliore. Il papa ha quindi parlato di lavoro degno e ricordato le vittime cinesi che due anni fa sono decedute per un rogo nella zona di Prato.

Commovente si è rivelato il tragitto lungo le vie principali della città, dove erano accalcati tanti giovani e ragazzi che si erano sistemati in bivacco e che avevano trascorso la notte in una veglia di preghiera. Del resto, la figura papale mancava dalla città di Prato da ben 29 anni, quindi con questa visita il pontefice ha voluto dimostrare la sua vicinanza ad una delle città del nostre paese più particolari come geografia e tessuto produttivo, diventando il simbolo di un’unione fra culture che merita di essere conosciuta e considerata per la sua importanza generazionale.

Vicino svizzea-kUbD-U10301511347631IbG-428x240@LaStampa.itViene trasmesso in questi giorni in Svizzera sulla tv Rsi e Teleticino uno spot promosso dalla Camera di Commercio del Canton Ticino che dice: “non annaffiate il giardino italiano”. Si tratta di una campagna mediatica contro le delocalizzazioni di imprese.

Il bersaglio sono coloro che vengono soprannominati “padroncini italiani”. Lo spot fa vedere un uomo che dal suo giardino sta annaffiando distrattamente  puntando il getto d’acqua più verso quello del vicino, invece che sul  proprio, ormai secco. “Ogni goccia che cade lontano rende il vostro prato meno verde. Investire nel giardino del vicino può essere pericoloso”, commenta una voce fuori campo, mentre l’uomo viene colpito in faccia da una pallonata. 

Implicitamente viene sottinteso essere un vicino italiano, “investire nel giardino del vicino può essere pericoloso” Da questo mese e fino a ottobre sui canali La1 e La2 della Rsi e sull’emittente Teleticino andrà in onda uno spot che invita i cittadini elvetici a non far lavorare gli artigiani italiani. A non chiamare cioè  giardinieri, piastrellisti, falegnami, imbianchini,  idraulici o muratori comaschi perché altrimenti il proprio prato, ovvero il Ticino, si inaridisce.
Nel mirino dunque non vi sono i frontalieri, ma gli artigiani che dalle province italiane di confine sempre più spesso ottengono commesse da parte di cittadini elvetici, sottraendo lavoro alle ditte svizzere.

Il cantone elvetico ha da tempo dichiarato guerra contro l’invasione di lavoratori italiani, un fenomeno che negli ultimi anni si è intensificato a causa della crisi nel nostro Paese, si arricchisce di un nuovo episodio, infatti questa volta non bastano i manifesti come quelli ” la campagna “Balairatt” dell’Udc, con i frontalieri italiani rappresentati come topi che rubavano il formaggio svizzero, usano addirittura gli spot televisivi patrocinati dalla Camera di Commercio del Canton Ticino.

La Guardia di Finanza di Prato ha sequestrato ben 500mila monili in vendita in almeno 6 negozi cinesi in quella che viene definita la Chinatown della città di Prato.

Dalle indagini degli inquirenti i commercianti cinesi avevano messo in vendita monili tra bracciali, collane e orecchini risultati altamente tossici. Difatti sottoposti ad analisi è risultata la presenza di cadmio, totalmente vietata per legge, oltre al nichel in una percentuale molto più alta rispetto alla norma, nonostante apportassero il simbolo di “Nichel Free”. In alcuni casi i monili avevano una tossicità pari al 500% rispetto al consentito.

L’indagine nominata “Skull” (teschio), dalla stilizzazione di un teschio umano che molti monili sequestrati raffiguravano, ha portato, solo per ora, al sequestro di ben 500articoli, pari a circa 700mila euro di valore.

Inoltre sono stati localizzate 6 diverse fabbriche cinesi di produzione dei monili tra Milano, Viterbo e Roma, dove sono state eseguiti ulteriori sequestri.