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pensione-calcoli_CORBIS_258Chiaro, preciso e come sempre efficace, Tito Boeri presidente dell’INPS ha nuovamente messo in guardia i cittadini italiani sugli effetti devastanti della disoccupazione giovanile, una piaga che non solo sta bloccando lo sviluppo del paese, ma che potrebbe essere la causa delle mancate pensioni per le generazioni più giovani. La disoccupazione giovanile potrebbe avere effetti devastanti sull’età di raggiungimento della pensione per le generazioni più giovani e su questo tema il presidente dell’istituto di previdenza sociale si è concentrato, dati alla mano, per tracciare la situazione che l’Italia sta vivendo.

Chi è nato dopo il 1980 rischia infatti di andare in pensione con i minimi requisiti a 75 anni e i dati sono frutto di uno studio che lo stesso istituto di previdenza sociale ha condotto sulla ‘generazione indicativa’ del 1980. Lo studio ha dimostrato come il lavoratore tipo di questa classe anagrafica mostri una forte discontinuità lavorativa e quindi contributiva, sicuramente legata a periodi di disoccupazione, che si assesta sopra i due anni.

Ecco che il vuoto contributivo è la causa del mancato raggiungimento della pensione, che può arrivare anche a 75 anni. Questo è quanto affermato da Boeri in una recente dichiarazione, e il presidente ha specificato che non è sua intenzione ‘terrorizzare‘ la popolazione, ma renderla consapevole dell’importanza della continuità contributiva.

Boeri ha parallelamente invitato il governo a ricercare dei sistemi che possano permettere un’uscita più flessibile dal mondo del lavoro, un tema che deve essere affrontato immediatamente e non fra cinque anni. La flessibilità in uscita può infatti aiutare intere generazioni a trovare un lavoro e quindi lo Stato può evitare di considerarle ‘perse’ come invece sono attualmente. Serve però azione e velocità, perché gli anni rischiano di passare e il futuro pensionistico dei giovani si propone sempre più appeso ad un filo.

I tempi sono cambiati drasticamente. Prima si tirava fino all’ultimo, mantenendosi “caro”, innanzitutto il lavoro che scarseggia, e poi ogni più piccolo contributo…oggi, e non per pigrizia, si desidera uscire il prima possibile dal mercato del lavoro, anche rinunciando al 20% della pensione, salvo che non si abbia già maturato i contributi totali. Per quale motivo? Il pensionamento non è più un punto di arrivo ma un traguardo per molti incerto, quindi la meta dei desideri di tutti, per i tanti sacrifici. Chiaramente, non si può generalizzare, dato che tutto dipende dalla scala di priorità dell’individuo: quanto si è disposti a perdere quella quota-parte della pensione?