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AssangeIngiusta detenzione‘. Questo è il parere del gruppo di lavoro Onu incaricato di valutare la condizione di Julian Assange, da tre anni rifugiato presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Secondo quanto stabilito dal Wgad, ovvero il gruppo di lavoro Onu sulla detenzione illegale, il fondatore di Wikileaks sta scontando una reclusione dai tratti illegali, ergo gli stati della Svezia e della Gran Bretagna devono rilasciarlo immediatamente e versargli anche un risarcimento per le condizioni in cui ha dovuto vivere gli ultimi tre anni della sua vita.

Anche se la decisione non è stata ancora diffusa ufficialmente, si tratta di una notizia certa secondo la Bbc, che entro i prossimi giorni verrà comunicata da parte dell’Onu agli Stati interessati. La sentenza non avrà ovviamente nessuna forza formale o influenza legale, ma nel passato molte sono state le persone rilasciate in seguito a sentenze simili emanate dall’Onu. La risposta delle autorità svedesi è arrivata pronta e lo Stato ha ammesso che tale dichiarazione non avrà nessun valore legale o influenza di sorta sulle decisioni che la Svezia ha preso e sulle formali indagini in corso.

La richiesta di analisi era arrivata dallo stesso Assange, che si era dichiarato disposto e pronto a farsi arrestare qualora il parere dell’Onu fosse stato negativo. Così non è stato, e questa prospettiva aumenta quindi le possibilità che il fondatore di Wikileaks, su cui pende un mandato di cattura europeo, prolungherà il suo soggiorno presso l’ambasciata dell’Ecuador, in attesa che si attuino nuovi sviluppi su questa spinosa vicenda di interesse internazionale.

La detenzione di Assange rappresenta infatti una delle pagine di cronaca più controverse degli ultimi tempi, legate agli scandali di Wikileaks, sito di informazione nel quale il fondatore aveva pubblicato documenti di carattere strettamente confidenziale e quindi messo allo scoperto verità geopolitiche, economiche e finanziarie che hanno dato filo da torcere agli Stati coinvolti.

art_1228_1_taglioOggi, 22 luglio, si tiene a Londra il primo Girl Summit con lo scopo di porre fine alle mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni prematuri.

Numeri tragici quelli che emergono nell’ultimo rapporto Unicef presentato in occasione del Girl Summet e relativo alle mutilazioni genitali femminili nei 29 paesi dell’Africa e del Medio Oriente dove questa terribile pratica è diffusa. Secondo quanto riportato dalla Onlus, infatti, più di 130 milioni di bambine e donne sono vittime di questa barbara usanza che, nonostante le campagne di informazione, continua a provocare dolore fisico e psicologico.

“Tutti i tipi di mutilazione sono contro i diritti delle ragazze, anche se si tratta solo di quelli minori. Bisogna combattere questa forma di dominio dell’uomo sulle donne” spiega Charity Kinya dell’Unicef.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Infanzia ha sottolineato come, al di là dell’estremo dolore fisico e psicologico, le ragazze che si sottopongono a mutilazione genitale siano a rischio di emorragia, infezioni, sterilità e morte.

Non meno pericoloso è sposarsi precocemente le cifre aumentano vertiginosamente se si parla di matrimonio precoce: il tutto il mondo sono più di 700 milioni le donne costrette a sposarsi da bambine: più di 1 su 3 – circa 250 milioni – si è sposata prima dei 15 anni: le ragazze che lo fanno prima di compiere 18 anni hanno meno probabilità di frequentare la scuola e più probabilità di subire violenza domestiche; le adolescenti hanno più probabilità di morire a causa di complicazioni durante la gravidanza e il parto rispetto alle donne tra i 20 e i 30 anni e i loro figli hanno maggiori probabilità di nascere morti o di morire nel primo mese di vita.

w1-300x200Dopo la flebile speranza di una tregua morta sul nascere, continua la guerra nella striscia di Gaza. In nove giorni i raid dell’aviazione israeliana hanno ucciso oltre 210 palestinesi.

Tra le vittime 24 donne e 39 tra bambini e adolescenti fino a 16 anni, mentre i feriti sono più di 1.500. Le ultime vittime dei raid sono 4 bambini uccisi da un missile israeliano che ha colpito questo pomeriggio il porto di Gaza.

I piccoli sono stati colpiti mentre si trovavano su una spiaggia lungo una strada costiera e altre sette persone, tra cui adulti e bambini, altri 5 bimbi sono rimasti feriti e si sono rifugiati fra le braccia dei giornalisti, alloggiati in un albergo nelle vicinanze.

Uno si teneva il ventre ed urlava di dolore. Un altro aveva una ferita alla testa. Tutti sono stati caricati su ambulanze che li hanno portati a sirene spiegate all’ospedale Shifa dove un dirigente di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha accusato Israele di essersi macchiato “di un orrendo crimine di guerra” di cui, ha avvertito, “ne pagherà il prezzo”.

Secondo il racconto di testimoni, l’attacco è stato sferrato da due navi israeliane. Un altro bimbo di tre anni è morto insieme ad altre 5 persone in un raid sferrato sulla città di Khan Younis, nella zona meridionale della Striscia.

A Gaza è in vigore il cessare il fuoco umanitario mentre al Cairo si negozia sulla possibile tregua. Nella Striscia di Gaza il cessate il fuoco umanitario proposto dall’Onu è entrato in vigore alle 10 locali e durerà per 5 ore,scade alle 15.

In un orrore infinito di una guerra incomprensibile ciò che più sconvolge è la morte di tanti bambini, non importa se israeliani o palestinesi, Bambini, vittime innocenti e increduli. Una mattanza che ha raggiunto ritmi inaccettabili. Una strage di innocenti.

La Corea del Nord questa mattina si è resa protagonista di un gesto provocatorio a livello mondiale, lanciando il razzo-missile e messo in orbita un satellite, completando per la prima volta nella sua storia un’operazione del genere con successo – come ammesso anche dallo statunitense North American Aerospace Defense Command (Norad) – a sostegno della leadership del giovane Kim Jong-un ed in onore di suo padre Kim Jong-un, morto un anno fa. La Corea del Nord ha ignorato le lamentele e le proteste sorte all’interno della comunità internazionale, innescando le reazioni della Casa Bianca che, annunciando “azioni appropriate”, ha dichiarato che si tratta di un atto “altamente provocatorio che minaccia la sicurezza dell’intera regione e viola le risoluzioni dell’Onu”. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha condannato tale gesto, affermando che quest’azione ha “violato la risoluzione 1874 attraverso un atto tanto più deplorevole perché sfida la chiamata unificata e forte della comunità internazionale e per le conseguenze che l’atto provocatorio può avere su pace e stabilità”. Dure parole sono state pronunciate anche dalla Corea del Sud e dal Giappone hanno espresso una dura condanna su un atto inaccettabile.

Anche la Cina, ultimo grande alleato di Pyongyang, ha criticato l’iniziativa della Corea del Nord affermando che “deve rispettare le risoluzioni Onu che vietano l’uso di strumenti balistici”. Da parte sua Pyongyang ha replicato alle proteste internazionali invitando alla calma e “ventila l’ipotesi di un test nucleare”.