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La battaglia del Jobs Act continua ad infuriare, ma in questi ultimi giorni stiamo assistendo a provvedimenti dei quali non sappiamo se ritenerci soddisfatti o meno. E’ tutt’ora in esecuzione il superamento del criticatissimo articolo 18, non ammettendo comunque la possibilità di licenziamenti ingiustificati. Alla fin fine come già detto alla vigilia di natale “Sarà più facile assumere e non licenziare”, a parole dette da Renzi.Peccato però che un colpo di scure tutt’altro che leggero viene scagliato anche contro le partite Iva, rincarando il contributo di molti nuovi professionisti autonomi, a partire dalle fasce minime reddituali. Sembra proprio che lo “scarico di responsabilità” della crisi sia ormai una sorta di “entità subalterna” alle vie politiche, e passi per percorsi traversi, quasi sfuggenti agli occhi più distratti. Come affermare che non vi sia ulteriore inasprimento fiscale se è obiettivamente quello che osserviamo?

Ci sono anche ulteriori rassicurazioni, precisando che il nuovo sistema sarà applicato solo ai neo-assunti e che i vecchi contratti sono ancora validi per la vecchia legge. Niente retroattività, quindi ma ciò avrebbe dovuto essere un diritto acquisito, dato che tutte quelle leggi che hanno delle conseguenze economiche sui cittadini (anche se non tributarie, in senso stretto) non dovrebbero essere retroattive e valere solo a partire dalla loro introduzione. Ma siamo davvero ad un punto nel quale un sistema “più rapido e flessibile” per le assunzioni sia un vantaggio, considerando la confusione burocratica che si sta creando fra vecchi contratti lavorativi e quelli nuovi?

Amministrazione straordinaria per l’IlVA di Taranto, insieme agli ultimi ritocchi a quelle che sono anche le ristrutturazioni industriali per le grandi imprese. Perché almeno a ragion veduta per loro, i nostri politici, bisognerebbe iniziare sempre a guardare alle grandi aziende per risolvere il problema dei piccoli italiani che cercano lavoro! Nonostante nuove acquisizioni dall’estero delle grandi aziende italiane che si stanno letteralmente svendendo (l’ultima riguarda proprio Alitalia che in questi giorni ha concluso l’accordo con la compagnia araba che ne ha rilevato quasi il 50%), quello che si starebbe cercando di fare è “mantenere in Italia un settore strategico per la produzione dell’acciaio e derivati” (figuriamoci!) ed in effetti Taranto è uno dei posti dove viene ricavato l’acciaio migliore.Neanche più si discute del problema della svendita del settore delle Telecomunicazioni alla Spagna, o in ogni caso all’estero, per un “pugno di mosche”.

Le anticipazioni su alcuni dettagli si sono avverati, almeno in revisione avanzata. In aziende con oltre 15 dipendenti è stata introdotta la retribuzione nei termini dai 3 ai 6 mesi per licenziamenti fatti in modo “precoce” così da evitare che ci siano continui assunzioni e licenziamenti per un motivo o per un altro. Per ogni anno di lavoro il beneficio aumenterà esponenzialmente fino ad un massimo di 24 mesi retribuiti. Almeno un minimo di giustizia in questa legge sembra farsi chiara. Ed a quanto sembra, l’ultima novità è che non vi potrà essere il super indennizzo, di cui tanto si parlava, a sostituzione dell’obbligo di reintegro salvato per i licenziamenti ingiustificati.

Resteremo ad osservare gli sviluppi di questo complicatissimo e oltremodo criticato Jobs Act.

Quindi, una certezza c’è. Si potrà licenziare se “il fatto materiale sussiste”. Quasi un ritorno sui passi della Fornero, eppure tanto criticata per tutto ciò che le è addebitato (a partire dagli esodati). La direzione del governo è questa, a prescindere dall’alternanza politica.
Nulla sembra, ormai, cambiare che ci sia la destra o la sinistra, o come si suol dire adesso i moderati, dato che le linee che il governo sta seguendo una sorta di “percorso ad ostacoli”. Il cambiamento di scena è solo una maniera per facilitare lo “scarico di responsabilità” per tutte quelle manovre che hanno il vago aroma dell’impopolare. A cosa serve più votare (chiaramente tale affermazione è errata e fa parte di un pensiero quasi recondito semmai genuino che latita nella mente del malcontento popolare), ormai, si dice qualcuno, contestando come il voto da sempre rappresenti un diritto-dovere per quella democrazia rappresentativa che ormai non ha molto di alternativo. Sempre le stesse conflittualità, sempre le stesse divisioni.La paura, poi, nelle persone tocca un aspetto che caratterizza la nostra beneamata Italia da molti anni: il nepotismo. Se licenziare diventa facile, allora, saranno problemi!
O almeno, questo è un semplice punto di vista.
Ma quali sono i punti su cui si discute per il Jobs Act? Eccoli, in sintesi:
– “Il fatto materiale sussiste”: si attribuisce molta discrezionalità, dato che non si fa espresso richiamo alla legge. Il fatto materiale non è descritto, ad un certo livello di dettaglio, nei codici normativi di riferimento ma deve essere individuato e giustificato, in sede di giudizio, nell’eventualità. Un’azienda dice di essere in ristrettezze economiche? Può licenziare ed il licenziamento è motivato. Il lavoratore deve essere reintegrato solo se il fatto materiale non sussiste e si è in dubbio se introdurre la possibilità che l’azienda proponga al reintegrato un indennizzo, in alternativa
– Per le piccole aziende (con meno di 15 dipendenti) la decisione è stata già presa. Restano in sospeso le questioni sulle aziende di medio-grandi dimensioni. Si ritorna a parlare dell’Aspi (l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria) che deve essere adattata al caso specifico. Presto, forse una nuova Aspi. Si sta cercando ancora di definire in che misura stabilire l’indennizzo che dovrà essere in funzione dell’anzianità lavorativa. Si è incerti se introdurre un lasso minimo dell’indennizzo di 3 mesi o 6 mesi.

Per quale motivo, il tavolo dell’esecutivo è concentrato sulla nuova Aspi (a cui sarebbe possibile accedere anche dopo sole 13 settimane di lavoro?). La paura è quella di complicare ancora di più il contrasto, in sede di giudizio tra lavoratori e datore di lavoro. Sì alla discrezionalità ma non al punto che essa possa diventare una “spina nel fianco” del datore di lavoro, dal momento in cui il lavoratore prima percepirebbe l’indennizzo accordato e poi cercherebbe la strada processuale per ogni più piccolo particolare che può essere contestato al datore di lavoro. Quindi, si vuole dare punto ad un regime chiaro, in cui non si accetta solo l’indennizzo ma anche altri benefici addizionali, di fronte ai quali il lavoratore non può più agire in giudizio. Chiaramente, i sindacati sono pronti a reagire, sul fronte di un cambiamento che è riduttivo se lo si contestualizza solamente all’articolo 18; peraltro la normativa del lavoro è già stata ritoccata anni fa, al punto che lo stesso ha perso la sua “linfa vitale ed ideologica” che l’ha tenuta in piedi sinora, quasi morente.

Ines Carlone

landini jobs actContinuano gli scontri tra sindacati e Renzi sul Jobs Act. Ieri era stato il premier Matteo Renzi ad attaccare i sindacati, dicendo che loro «Si inventano scioperi, io creo lavoro», e invece oggi tocca a Maurizio Landini rispondere pan per focaccia. «Se vuole cambiare davvero questo Paese nel modo giusto lo deve fare con noi e non contro di noi», afferma infatti il segretario generale della Fiom intervistato durante il corteo organizzato a Napoli per le 8 ore di sciopero dei metalmeccanici contro il Jobs act.

In seguito Landini, in un’intervista con Sky, aggiunge: «Soprattutto il premier non ha il consenso di chi lavora, dei giovani che stanno cercando lavoro, delle persone oneste in questo Paese. Lui non ce l’ha. E allora deve decidere da che parte stare». Come nei giorni scorsi, il Segretario generale Fiom sottolinea che tutto questo consenso verso il Premier e il Governo non è poi così grande come vogliono far credere. Ma poi arriva la precisazione: «Mai pensato – come mi viene attribuito da alcuni mezzi di informazione – che Renzi non ha il consenso degli onesti, ho detto – e ribadisco – che il premier non ha il consenso della maggioranza delle persone che lavorano o che il lavoro lo cercano e che sono nella parte onesta del Paese che paga le tasse». Ernesto Carbone intanto, del Pd, ha chiesto a Landini di chiedere scusa a 12 milioni di italiani.

La frase era forse un po’ infelice, ma è chiaro che Landini non ha mai voluto dire che non ci sono persone oneste che credono nel Pd. La polemica ormai è partita ed è difficile fermarla, ma il premier Matteo Renzi dice basta alle polemiche: «Si salva il lavoro tenendo aperte le fabbriche e le aziende, non alimentando polemiche o giocando a chi urla più forte» ha replicato infatti Renzi durante la firma di un accordo sulla siderurgia che «salva 410 posti di lavoro». Anche Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha replicato a Landini: «Io personalmente mi ritengo una persona molto onesta, non onesta di più».