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ebola madridSi chiama Maria Teresa Romero il primo caso di contagio contratto in Europa di Ebola. Si tratta di un’infermiera, che racconta di essersi ammalata dopo aver sfiorato per un attimo il viso con un guanto. Si era tolta la tuta isolante mentre assisteva il missionario Manuel Garcia Viejo, morto il 26 settembre.

L’ebola è ormai arrivata in Europa, alle porte di casa, inutile nascondercelo. L’infermiera di 44 anni ha avuto due contatti con il missionario poi deceduto: uno per cambiargli il pannolone e il secondo quando era già deceduto. La donna spera di guarire da una malattia che in gran parte del mondo si considera senza speranza. E intanto crescono le polemiche sul cane della donna. Sebbene lei e suo marito siano in isolamento, infatti, è possibile che il cane sia venuto a contatto con il virus e che lo conservi in modo latente, senza mostrare sintomi. Non esistono studi in merito al contagio sui cani, né sappiamo per quanto tempo il virus potrebbe restare ‘in incubazione’ nel corpo dell’animale.

Non è chiaro se anche i cani possono ammalarsi di ebola. Il dottor Peter Cowen, veterinario alla North Carolina State University, parla della soppressione di Excalibur, il cane dell’infermiera, come di una «reazione eccessiva». «Penso che sia davvero spiacevole che stiano pensando di sopprimere quel cane, dovrebbero invece studiarlo. Non è mai stato documentata la diffusione dell’Ebola tramite i cani».

Intanto, la Commissione Europea ha chiesto chiarimenti alla Spagna in merito al primo caso di contagio in Europa: bisogna infatti appurare se ci sono state falle nel sistema sanitario nazionale spagnolo. Intanto sono sotto osservazione altre persone, sospettate di aver contratto anche loro il virus. Sono ricoverate quattro persone in tutto: l’infermiera e suo marito; un’altra infermiera che al momento non ha la febbre; un turista di origini nigeriane, passeggero di un volo internazionale.

Ospedale VogheraUn’infermiera di turno all’Ospedale di Voghera, in provincia di Pavia ha, per due volte ed in casi distinti, rifiutato di far entrare due ventenni che chiedevano la pillola del giorno dopo. Le due ragazze si erano presentate allo sportello dell’ospedale con l’esigenza di avere una visita Ginecologica, al fine di poter assumere la pillola del giorno dopo, e scongiurare così l’ipotesi di gravidanza. La pillola del giorno dopo infatti è il farmaco che consente di evitare una eventuale gravidanza dopo un rapporto sessuale non protetto, ed entro le 72 ore. Margherita Ulisse, questo è il nome della giovane infermiera, non avrebbe permesso alle ragazze di entrare.

L’infermiera in entrambi i casi avrebbe fatto desidestere le ragazze, spiegando loro l’importanza di salvare la vita del nascituro. Le ragazze al momento non se la sono sentita di insistere e quindi hanno ceduto alle parole dell’infermiera e cambiando le loro intenzioni. Successivamente però sono partite le segnalazioni alla direzione sanitaria e ai vertici dell’azienda stessa, la quale avrebbe avviato un’indagine interna nei confronti della propria dipendente. Si procede in maniera comunque molto cauta, considerata la delicatezza della materia.

L’infermiera dal canto suo si difende, affermando che avrebbe agito non per motivi religiosi ma per motivi etici e di coscienza personale. La donna avrebbe spiegato i fatti ritendo: “Non le ho assolutamente minacciate ma solo cercato di convincerle a rinunciare e a salvare così vite umane”. Margherita Ulisse inoltre si difende appellandosi ad un articolo deontologico della categoria, il quale, in caso di conflitto etico, impegna l’infermiere a trovare la soluzione attraverso il dialogo. La dipendente rischia il trasferimento ad un altro reparto, un richiamo disciplinare, una sanzione o la semplice archiviazione del caso.