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Nuovi sviluppi per il caso svoltosi a Parigi dopo l’attentato alla redazione “Charlie Hebdo” conosciuto per essere un settimanale satirico che ha rappresentato Maometto in diverse occasioni, definite probabilmente dagli estremisti, troppo indelicate per la propria religione.

L’attentato è avvenuto con tre francesi, originari musulmani, e ha avuto come risultato l’omicidio di alcuni disegnatori e vignettisti francesi che lavoravano per la redazione. Fra i morti anche due agenti della polizia. L’incontro è stato violento, rapido e sanguinoso ma non del tutto privo di sensibilità: un elemento del gruppo, il più giovane, s’è già costituito e probabilmente contribuirà alle indagini per la cattura dei restanti uomini che hanno concluso un gesto inopportuno ed inutile. Nel frattempo, le ricerche sono vane ed i gendarmi francesi sembrano essersi arresi. Ed a quanto sembra l’elemento che si è costituito, deludendo un po’ le attese, lo avrebbe fatto perché asserisce di essere innocente e che si trovava in quel momento sui banchi di scuola. Nulla di fatto, allora, per il proseguimento delle indagini?

I nomi dei supposti colpevoli sono Said Kouachi, Cherif Kouachi e Hamyd Mourad. Si è già risaliti a loro attraverso una carta d’identità abbandonata sul luogo del massacro. Il più giovane s’è costituito in un luogo già piuttosto lontano da Parigi, esattamente a 230 chilometri da lì. Poco più in là c’è il confine con il Belgio, il che mette il sospetto che i restanti elementi hanno cercato di spostarsi in altre nazioni per evitare la cattura. Ed in effetti sembra proprio che gli assassini fossero già pronti per sferrare un ulteriore attacco con una macchina piena di armi e siano stati fermati in tempo. Si sono dati letteralmente alla macchia e le indagini, ormai, non raggiungono un punto fermo, malgrado sul luogo si sia recata anche l’intelligenze Usa.

Nonostante il terrore e la rabbia per ciò che è accaduto, lo stato francese invita a fare la differenza fra estremisti e moderati che osservano la loro religione senza insorgere in violenze a mano armata. “Ci sono assassini e ci sono musulmani” come descritto stesso da Boldrini quest’oggi. Ogni giornale ha il diritto d’espressione per dire la sua così come ogni cittadino, che sia satirico o serio, che sia giudicato stupido o giusto: è una libertà di parola che tutti hanno bisogno d’avere al giorno d’oggi e non va taciuta con atti del genere che giustificano solo la parte debole dell’umanità nella quale viviamo quest’oggi.

Dei restanti due elementi si aspetta la cattura, le indagini sono tutt’ora in corso.

E comincia a suonare il Tam Tam per i vigili di Roma che durante la notte di capodanno sono diventati una razza in via d’estinzione: più dell’80% infatti non si sono presentati sul posto di lavoro. Pur concedendo che eravamo in pieno clima festivo bisognava comunque tenere d’occhio le strade per evitare eventuali incidenti con fuochi d’artificio o incidenti stradali e disordini eventuali.
La faccenda ha messo in allarme il Campidoglio che ha detto con certezza che, se verranno accertati eventuali abusi, i licenziamenti non tarderanno ad arrivare con tutta la dovuta giustificazione.

Un danno che non verrà riparato tanto presto, anche se le indagini stesso all’interno del corpo dei vigili urbani stanno procedendo. Le indagini appaiono quasi come una sorta di formalità procedurale per tamponare il tam tam mediatico creatosi attorno alla faccenda, essendo state assegnate per “venir terminate il più presto possibile”. Il fatto è che dovrà essere analizzata ed indagata ogni minima posizione e dinamica, di ogni vigile, così da capire chi ha sgarrato e chi no.
Non è stata un’illuminazione (per modo di dire) comune, ma quasi un movimento di gruppo, il che porta a pensare che ci siano dei diretti responsabili che hanno reso questa cosa una realtà facendo andare tutti i vigili urbani a casa per la notte di capodanno.

Una responsabilità elusa che però ha fatto letteralmente tuonare di rabbia le persone più in alto, che non aspetteranno altro che trovare le persone che hanno orchestrato tutto questo. Molti i certificati medici, ma ben pochi quelli che possono attualmente essere giustificati in una maniera del tutto genuina, constatando che non sono state ordinate visite fiscali per i vigili assenti.

Le sanzioni per questa bravata vanno dai 2500 euro fino ai 50 mila. E c’è chi in effetti dice, come Luigi Neri, vice sindaco della capitale: “Ho il massimo rispetto per uno sciopero, ma qui c’è una mancanza di responsabilità ed azioni disciplinari vanno applicate”.
Insomma, tanto meglio mettere uno sciopero per iscritto che farlo di nascosto, almeno secondo le parole della politica. Ma la faccenda non è ancora finita qui.

Dagli ultimi interrogatori, per acquisire tutti gli elementi utili all’indagine (sarebbe, quindi, tutto pura forma), sono emerse alcune contraddizioni di troppo dalle versioni della madre. Le ultime registrazioni, poi, la “incastrerebbero”, per modo di dire, dato che la versione dei fatti raccontata non è quella che si può constatare osservando i filmati. Ecco gli ultimi resoconti delle indagini.

roberta-ragusaRoberta Ragusa: la donna, scomparsa a Gello nel gennaio del 2012 a 45 anni, che sembra si sia volatilizzata, rimane un mistero.
Agli inquirenti continuano ad arrivare lettere anonime, segnalazioni, sensitivi, tra le ultime c’è quella arrivata all’indirizzo del settimanale «Giallo», Cairo Editore, è firmata solo Tony. E indica una nuova pista per ritrovare le spoglie di Roberta Ragusa.

Secondo questo fantomatico Tony, le spoglie di Roberta Ragusa potrebbero essere state abbandonate nell’ex deposito militare di Titignano, all’interno delle cisterne che un tempo contenevano le scorte di carburante. Anche questo posto,è stato passato al setaccio dai carabinieri di Pisa, così come hanno fatto per il cimitero di Orzignano in particolare la botola dell’ossario, sempre su segnalazioni.
Una ricerca che purtroppo non ha dato nessun risultato così come le tante battute a tappeto svolte dalla protezione civile,volontari, cercatori di funghi.
A tutt’oggi il marito Antonio Logli è unico indagato. L’accusa per l’elettricista è di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Roberta è scomparsa dal gennaio 2012 senza dare alcuna notizia ai due figli Daniele e Alessia. E’ possibile che una madre non cerchi i propri figli? Il Procuratore non è di questo avviso.
“La vita di Roberta è sospesa tra ricerche e indagini, tra silenzi e dichiarazioni – ha affermato Elisa Pozza Tasca, presidente dell’associazione Penelope, che in tutta Italia si occupa di persone scomparse – chi dimentica, cancella e noi non dimentichiamo”.

Nessuno può dimenticare quella giovane mamma sparita in una fredda notte da Gello di San Giuliano, alle porte di Pisa: con sè non ha portato nulla, né un cappotto, né la borsa con soldi e documenti, né un cellulare, né, tantomeno, i suoi beni più preziosi, due ragazzi che adorava, Daniele, oggi sedicenne, liceale al classico, e Alessia, undici anni compiuti senza la mamma. L’ultimo a vederla in quella gelida notte è il marito Antonio Logli, 49 anni, elettricista che continua impassibile la sua storia d’amore con Sara Calzolaio, una relazione che dura da ben dieci anni.

Omicidio squillo – Passi avanti nelle indagini sull’omicidio di Adriana Mihaela Simion, la squillo rumena che il 7 aprile scorso venne uccisa barbaramente nella sua stanza da letto con 30 coltellate. I carabinieri di Ancona hanno rinvenuto tracce di dna che potrebbero essere dell’assassino. Nella giornata di oggi cominceranno i primi confronti con alcune persone che conoscevano o che comunque hanno avuto rapporti con la squillo Adriano Mihaela Simion.

Adriana Mihaela Simion – dna al vaglio degli inquirenti

C’è ancora molto da capire per gli inquirenti: quel che è certo è che la squillo conosceva il suo aggressore, tanto da farlo entrare in casa anche se lei era appena uscita dalla doccia, malvestita e con i capelli bagnati. Adriana non riceveva il primo che passava, ed è su questo che si stanno svolgendo le indagini. L’assassino è stato attento a non lasciare tracce sul computer e sui tanti telefoni della squillo rumena, ma una traccia di dna l’ha inavvertitamente lasciata e gli inquirenti l’hanno scovata. A scoprire il corpo il fidanzato e due amici, scagionati per avere alibi di ferro.

  Nuove indagini sulla morte di Daniele Franceschini. La Corte d’appello di Aix en Provence, dopo l’udienza fissata lo scorso 28 febbraio dal Procuratore francese, ha disposto l’avvio di nuove indagini riguardanti la morte di Daniele Franceschi, deceduto nel carcere di Grasse il 25 agosto 2010. Il ragazzo viareggino aveva 36 anni quando ha perso la vita. Questo è quanto è stato appreso da Aldo Lasagna, uno dei legali italiani, tramite alcuni colleghi francesi. La Procura di Grasse vuole indagare riguardo a eventuali responsabilità della struttura ospedaliera civile di Grasse che potrebbe aver sottovalutato le condizioni di Franceschi. Tra gli indagati un medico e due infermieri del carcere di Grasse, ma non è da escludere a questo punto che le indagini possano in futuro coinvolgere anche i vertici dell’ospedale.