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Francia

olimpiadi-2012-ginnastica-ritmicaSembra non esserci pace per le Olimpiadi di Rio del 2016 e tantomeno per quelle del 2020 che sono state assegnate alla città di Tokyo. La polizia e la magistratura francese stanno infatti indagando su presunti e gravi episodi di corruzione che sarebbero stati perpetrati in entrambe le assegnazioni. A renderlo noto è l’edizione settimanale del The Guardian, magazine britannico che ha riportato le indagini in corso definendole uno ‘sviluppo sperato’ dall’indagine che ha già interessato la Laaf e che ha recentemente condotto all’arresto di Lamine Diack, ex presidente dell’atletica mondiale.

Secondo il magazine britannico, da gennaio del 2016 sarebbero state diffuse alcune mail che interessano proprio il figlio di Diack, Papa Massata, dove l’argomento di interesse sarebbero dei ‘pacchetti’ da recapitare ai sei membri incaricati di decidere le assegnazioni per i giochi olimpici di Rio, che si terranno nel corso dell’anno. Per quanto riguarda l’edizione giapponese del 2020, il coinvolgimento di Diack era stato ipotizzato a livello di ingerenza nella commissione antidoping, per una questione di corruzione interna alla stessa Laaf.

In particolare, Diack padre sarebbe stato disposto a vendere il suo voto nell’assegnazione dei giochi del 2020 in cambio di una cospicua sponsorizzazione in denaro, 5 milioni di dollari per eventi legati all’atletica di cui al tempo era presidente. Altre fonti hanno confermato che lo stesso Diack avrebbe polverizzato la candidatura della Turchia e in particolare della città di Istanbul, in quanto lo Stato non sarebbe stato disposto a pagare, sostenendo Tokyo che avrebbe avuto un comportamento più accondiscendente.

Se le indiscrezioni fossero anche solo in parte vere, si tratterebbe di un gran brutto colpo, non solo per la Federazione internazionale di atletica leggera, ma anche per lo stesso Comitato olimpico internazionale, alla luce della imminente partenza delle Olimpiadi di Rio e della stabilita assegnazione a Tokyo dei giochi successivi.

uberChe Uber non andasse giù ai tassisti di tutto il mondo è cosa ben nota, perché in pochi mesi la categoria si è vista ‘scippare’ un bel po’ di lavoro, a discapito della perdita dei privilegi accumulati in anni di lavoro. Si tratta di una rivoluzione socialmente accettata, in quanto Uber è un’app di trasporti che viene universalmente impiegata perché favorevole nei costi e anche nella pratica. A conti fatti, impiegare Uber per spostarsi da una parte all’altra della città costa molto meno ed è per certi versi più sicuro che non prendere un taxi e questo è un dato di fatto inconfutabile.

Nei giorni scorsi i tassisti francesi hanno però dato il via a scontri molto accesi, che hanno coinvolto anche l’arrivo delle forze dell’ordine. Lo stesso è accaduto ieri in Italia, per la precisione nella città di Firenze, a Napoli e nella Capitale. Alle proteste hanno aderito anche i sindacati di categoria e gli scioperi sono stati indetti in una giornata chiave, ovvero quella in cui si discutono al senato gli emendamenti sulla questione. La volontà dei tassisti è quella di dire no all’abusivismo e alla presenza di Uber, vista come una società che attua concorrenza sleale alla loro professione.

Le associazioni di categoria parlano quindi di un ‘inizio di battaglia’ che proseguirà fino a che lo Stato non interverrà contro la scalata delle multinazionali in Europa. Decine di tassisti si sono quindi raccolti nelle piazze e davanti alle stazioni delle maggiori città del paese per attuare un’opera di volantinaggio e informare gli utenti sulla loro condizione lavorativa. In segno di solidarietà verso i ‘colleghi’ francesi, anche i sindacati di categoria hanno deciso di incrociare le braccia in uno sciopero della durata di 4 ore, il quale garantirà in ogni caso la presenza di taxi durante la giornata.

Marine Le Pen, France's National Front leader, speaks during a news conference the day after the first round of local elections at the party headquarters in NanterreSi è trattato di una battaglia all’ultimo voto, ma alla fine la paura per l’avanzata della destra più nazionalista sembra avere ‘spaventato’ il popolo francese e i risultati dei ballottaggi che si sono tenuti nelle regioni in questo fine settimana hanno sottolineato la sconfitta del partito di Marine Le Pen. I titoloni nei giornali avevano inneggiato nei giorni scorsi ad una vittoria sicura del Front National, che aveva condotto la leader dell’ultra destra nazionalista ad avventurarsi con fierezza al ballottaggio in tante regioni del paese.

Al primo turno, il partito della destra ultranazionalista era letteralmente in testa nei sondaggi e si giocava ben sette regioni dopo il primo turno di elezioni del 6 dicembre scorso. Ebbene, un lavoro certosino di coalizioni politiche ha portato la destra moderata di Sarkozy ad aggiudicarsi sette regioni, mentre cinque sono andate alla sinistra di Hollande.

La destra ha vinto nell’Ile-de-France, in Normandia, nel Nord-Pas-de-Calais-Picardia, nella Provenza-Alpi Costa azzurra, in Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena, nella Alvernia-Rodano-Alpi e nei Paese della Loira. I socialisti hanno invece mantenuto le regioni della Bretagna, dell’Aquitania-Limousin Poitou-Charentes, della Linguadoca-Rossiglione-Midi-Pirenei, assieme alla Borgogna Francia-Contea e al Centro Valle della Loira. La Corsica ha invece registrato una vittoria importante dei nazionalisti, con il 35,34% delle preferenze accordate a Gilles Simeoni che si è imposto sul candidato del centro destra e sulla presenza del Front National.

La Francia ha quindi ritrovato la sua identità? Sicuramente i giochi di coalizione hanno fatto sì che lo spauracchio del Front National fosse scongiurato e i partiti politici hanno ritrovato una certa unità. La storia sembra quindi ripetersi, perché la sconfitta del Fronte sembra essere la fotocopia del ‘no’ pronunciato nel 2002, che bloccò l’avanzata del padre di Marine, Jean Marie Le Pen in corsa per l’Eliseo. Il partito del Front National è stato quindi travolto e le due Le Pen hanno subito una sconfitta schiacciante, simbolo che la Francia può avere arrancato in un primo momento, ma si è dimostrata coesa quando è stato il momento di votare ‘per davvero’.

Marine Le Pen, France's National Front leader, speaks during a news conference the day after the first round of local elections at the party headquarters in NanterreSei regioni aggiudicate e la percentuale del 28% di voti registrati fanno volare il Front National di Marine Le Pen al primo poto fra le preferenze politiche dei cittadini francesi. Lo scrutinio è stato praticamente ultimato e mancano poche schede per confermare una vittoria che si rivelerebbe unica dal punto di vista storico e anche sociale per la Francia intera.

Il partito guidato dall’ex presidente francese Sarkozy si è aggiudicato il 26.89% dei voti, mentre i socialisti di Hollande, attualmente al potere, hanno praticamente chiuso queste elezioni regionali con il 23% delle preferenze acquisite. Verdi e partiti minori si sono assestati sulla percentuale del 3%.

Il risultato era stato dato per scontato, previsto dalla stampa francese nei giorni scorsi, in quanto la corrente antimmigrati, populista e decisamente islamofoba della Le Pen era stata data per favorita alla vigilia delle elezioni regionali in Francia. Molto probabilmente il clima di tensione che si respira nel paese dopo il tremendo attacco di Parigi e i discorsi accattivanti e spesso duri della leader politica hanno fatto il resto, portando in testa un partito che fino a pochi anni fa era considerato una minoranza nel panorama politico nazionale.

La Le Pen si è quindi preparata per festeggiare la vittoria ottenuta a Hénin Beumont, piccolo paese del nord della Francia che ha fatto portare a casa alla leader del Front National ben il 40% e oltre di consensi. Si tratta del preludio all’Eliseo? Questo è quello che la Le Pen vuole, e che i dati stanno oramai dando per scontati. Se fino a poco tempo fa il suo partito era solo una spina nel fianco delle maggiori correnti di destra e di sinistra, ora la percentuale di consensi è troppo alta e tante sono le regioni che hanno scelto di essere guidate da questo partito politico.

Si sta quindi aprendo una nuova pagina della politica francese? Molto probabilmente sì, in quanto la vittoria che sta per essere registrata in questi giorni non può essere dimenticata, anzi, lascia il segno e prelude all’arrivo di una nuova classe dirigente politica, che molto probabilmente sarà chiamata a tirare le redini di un paese scosso più che mai dai recenti avvenimenti di cronaca.

jihadStoricamente la Francia è lo stato che ha registrato più immigrazione dai paesi arabi nel corso della storia, prima per l’occupazione dell’Algeria e successivamente per la sua vicinanza con le coste del Nord Africa. Si tratta di un paese dove la popolazione di religione musulmana è molto presente, e dove alto è il numero delle persone che in questi giorni si sta unendo alle file dei jihadisti per combattere in medio oriente. Il governo francese ha scelto di contrastare questa piaga sociale di immane gravità con un video emozionale, che racconta le situazioni vissute dalle famiglie dei ragazzi che hanno scelto di aderire alla guerra santa.

Alcuni genitori francesi hanno deciso di testimoniare nella nuova campagna promossa dal governo francese contro il reclutamento dei giovani jihadisti. Si tratta di quattro famiglie, quattro filmati dove i genitori in prima persona raccontano il loro dolore, la loro paura e anche la loro incredulità su una vicenda che non avrebbero mai pensato di vivere. Storie di follia e di smarrimento, perché spesso i figli non manifestano le loro intenzioni di arruolarsi e partono come se nulla fosse, senza proferire parola con nessuno. Storie che interessano ogni ceto sociale, dai più poveri e disagiati fino ai più benestanti e privilegiati.

Il video racconta frammenti di storia comune nel paese, come Léa che ha sposato uno jihadista ed è partita senza portare con sé nulla, solo uno zaino per combattere in Siria. I genitori non vogliono essere padre e madre di una terrorista, non riconoscono più la figlia e dicono di sentirsi vittime di un sistema che sta coinvolgendo sempre più famiglie in tutto il paese.

La Francia ha quindi scelto di far raccontare ai diretti protagonisti la loro l’esperienza del reclutamento, coinvolgendo un punto di vista che rompe il silenzio e aiuta queste famiglie a sentirsi meno sole, in quanto il problema sta assumendo in Francia una portata epocale. Prova ne è che la piattaforma di ascolto organizzata dal governo ha ricevuto più di 3mila segnalazioni dalla messa in onda dei video, di cui il 23% interessano minori. La Francia detiene infatti il record dei cosiddetti ‘foreign fighters’, quindi la sfida del governo è bloccare sul nascere questo fenomeno, che rischia di rovinare l’equilibrio delle famiglie francesi e di alimentare giorno dopo giorno una guerra che sembra essere senza fine.

volkswagen truffaNon si profila certo un periodo di calma a casa Volkswagen, perché dopo le accuse dei giorni scorsi di avere barato sulle emissioni inquinanti dei motori diesel distribuiti negli Stati Uniti, la casa di Wolfsburg dovrà rendere conto del suo operato anche in Europa e nei paesi asiatici. Ieri il ministro francese per le finanze Bernard Sapin ha infatti richiesto un’inchiesta europea sull’accaduto e il governo coreano ha convocato i vertici della casa automobilistica tedesca per discutere dell’accaduto. Il viceministro coreano Park Pan-Kiu ha infatti dichiarato di avere invitato al ministero i vertici Volkswagen e che ad ottobre il paese darà il via ad una serie di test che si concluderanno nel mese di novembre con la diffusione dei dati e dei risultati raccolti.

Come sappiamo, il caso Volkswagen ha fatto il giro del mondo in un baleno, in quanto la casa automobilistica tedesca è stata accusata di avere falsificato i risultati relativi alle emissioni di gas inquinanti nelle versioni diesel dei suoi motori. Si tratta di un caso gravissimo, che mostra come qualsiasi costruttore di veicoli possa ‘barare’ sulle emissioni dichiarate grazie alla manomissione della centralina elettronica della vettura, una sezione ormai diventata fondamentale nella gestione delle auto che circolano nel nostro presente.

Ma come si è potuta attuare questa manomissione di dati? Tutto è partito dall’errato impiego di un software che modificava i dati basandosi sulle diverse condizioni di impiego del motore, in questo specifico caso del motore diesel. Si è trattato di un software montato anche da altre case automobilistiche nei loro modelli di vetture e che lavorava attraverso una sorta di rimappatura istantanea del motore in base alle condizioni di guida, quindi sport o city per citare qualche esempio. Il software si è proposto di abbassare le prestazioni e i valori che interessavano le emissioni durante la corsa su strada, attuando una rimappatura errata della centralina, che ha portato i veicoli tedeschi a passare tutti i test anche se nella realtà i dati forniti erano fasulli.

disturbi-wifiSi tratta di un problema spinoso quanto sentito da tutta la popolazione mondiale, in quanto le onde wi fi che regolano la nostra vita quotidiana possono risultare estremamente dannose per la salute, soprattutto per le persone più sensibili come gli anziani, le donne in gravidanza e i soggetti che soffrono di patologie al cuore e di tumori. La ricerca si è più volte avventurata in questo settore così particolare, che da un lato permette di avere a portata di mano una connessione gratuita o poco costosa alla rete internet, ma che dall’altro può provocare seri danni alla salute di chi vi è esposto quotidianamente.

Ma le onde magnetiche possono anche provocare dei fenomeni allergici, che si manifestano con la stanchezza, la spossatezza, le emicranie e l’insonnia. Le associazioni dei consumatori si sono quindi riunite, per far sì che i governi possano riconoscere l’esposizione alle onde wi fi nei soggetti sensibili come passibili di essere riconosciute pericolose per la salute delle persone. Il primo caso in Europa di risarcimento a causa dei danni provocati dalle onde elettromagnetiche è avvenuto in Francia, in particolare nella città di Toulouse, dove una donna di 39 anni, Marine Richard, riceverà una pensione di 800 euro mensili da parte del governo francese in quanto è stata appurata la sua invalidità, causata dall’esposizione alle onde wi fi. La donna riceverà quindi la sua pensione nella sua casa dei Pirenei, dove si è trasferita e dove vive al riparo dalle onde, completamente sconnessa e ‘tagliata fuori’ dal mondo.

Da tempo la comunità scientifica discute sull’argomento, ma non esiste al giorno d’oggi una letteratura autorevole che possa dimostrare i danni causati dall’esposizione continua alle onde wi fi, quindi gli Stati non possono ancora provvedere a riconoscere indennità o sussidi alle persone che accusano malori legati alle diffusione delle onde. La Francia è quindi un caso isolato ed emblematico, che potrebbe aprire spiragli di speranza per le persone che non tollerano in assoluto queste tipologie di onde e che vedono ‘distrutta’ la loro vita di ogni giorno in nome di un progresso tecnologico dagli effetti ancora molto oscuri.

ministro cultura francese«Non leggo libri da due anni», è questa la frase che sconvolto intellettuali francesi e non solo. Se fosse stata pronunciata da un qualsiasi cittadino, ci sarebbe stato poco da meravigliarsi (almeno in Italia, dove uno su due non legge neanche un libro all’anno), ma a proferire la frase choc è stata niente di meno che la ministra francese della Cultura, Fleur Pellerin. Ormai la sua presa di posizione – o constatazione – impazza sui social network e solleva diverse polemiche.

Fleur Pellerin è una giovane donna quarantunenne, di origini sudcoreane, adottata da una famiglia francese, e diplomata all’Ena, la scuola delle elite che forma gran parte della classe politica. Prima era entrata nel governo Hollande come responsabile dell’economia digitale, poi come sottosegretario al Commercio estero, e ora è Ministro alla Cultura, del Paese che ha reso famoso in tutto il mondo l’illuminismo. Eppure, non legge libri. Perché non ha tempo, dice lei: «Leggo molte note di lavoro, lanci d’agenzia e testi di legge. Ma non leggo molto altro». Il Ministro ha confessato anche di non conoscere Patrick Modiano, lo scrittore francese che ha appena vinto il Nobel in Letteratura.

Molto pungenti le critiche e le polemiche sollevate dagli intellettuali di tutto il mondo: «È triste, mi fa pena, un ministro della Cultura deve conoscere la letteratura, fosse anche solo per dovere politico – scrive Tahar Ben Jelloun, membro della giuria del premio letterario Goncourt – Non è possibile che non sappia citare un solo libro di Modiano. È vergognoso. Trovo tutto ciò è deplorevole ma d’altronde viviamo in un’epoca in cui la cultura è calpestata». Su Twitter i cittadini si dividono tra coloro che hanno apprezzato comunque l’onestà del ministro (un po’ alla Razzi) e chi invece deplora un simile comportamento, e la mancanza della seppur minima vergogna per il proprio comportamento. Cose che in Italia farebbero ridere.