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Il Vaticano ha deciso di dire la sua sul caso di eutanasia di Brittany Maynard, la ragazza americana malata di tumore al cervello che ha deciso liberamente di morire, ricorrendo al suicidio assistito, per evitare le fasi terminali della malattia. “Non giudichiamo le persone, ma la dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita”, così ha parlato oggi il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Carrasco de Paula, commentando il caso di Brittany, che aveva postato che video sul web prima di morire, scatenando un vero e proprio caso mediatico. Il prete spagnolo però sottolinea che le sue parole “assolutamente non sono una condanna per questa povera donna che ha già sofferto abbastanza”.

Insomma, non una condanna, ma un gesto comunque non condiviso dalla chiesa. Il gesto di Brittany Maynard, secondo il presule dell’Opus dei è comunque però da condannare per la Chiesa Cattolica. E il prete continua dicendo che se un giorno tutti i malati potessero togliersi la vita, questi sarebbero abbandonati completamente dalla società, che non vuole pagare i costi della malattia. Suicidarsi però, secondo de Paula, è pur sempre “una cosa cattiva perché è dire no alla propria vita e a tutto ciò che significa rispetto alla nostra missione nel mondo e verso le persone che si hanno vicino”.

Il caso di questa ragazza americana ricorda in parte quello di Piergiorgio Welby – il malato italiano di distrofia muscolare progressiva, morto nel 2006 dopo avere ottenuto che gli venisse sospesa la respirazione artificiale. Il mondo cattolico non poteva non far sentire la sua voce anche su un caso del genere, che tanta esposizione mediatica ha avuto in tutto il mondo. Tutto il mondo ‘pro life’ americano ha criticato, ovviamente, la scelta della ragazza, considerandola una sconfitta per tutti. “Arrivederci a tutti i miei cari amici e alla mia famiglia che amo. Oggi è il giorno che ho scelto per morire con dignità, tenuto conto della malattia in fase terminale, questo terribile cancro al cervello che mi ha imprigionato…”, così Brittany aveva salutato il mondo e in particolare i suoi amici.

maynard4“Farò gli auguri a mio marito” poi Brittany Maynard morirà. Si tratta di una giovane donna di 29 anni che ha deciso il giorno della sua morte, con l’eutanasia. Brittany ha un tumore al cervello, incurabile. I medici le hanno diagnosticato la malattia a gennaio, Brittany ha iniziato le cure ma ad aprile i sanitari le hanno annunciato che le rimanevano solo sei mesi di vita. La malattia andava peggiorando e le condizioni delle donne avrebbero subito bruschi e dolorosi peggioramenti.

Allora Brittany ha preso la decisione più difficile ma anche la più dignitosa per lei, decidere il giorno della propria morte. Il 1° novembre, il giorno dopo il compleanno del marito. Con tutta la sua famiglia, Brittany da Portland si è trasferita in Oregon, dove è permesso somministrare i farmaci che conducono alla dolce morte. L’Oregon è uno degli stati americani che permette di effettuare l’eutanasia.

Nell’attesa del 1° novembre, Brittany dà sostegno alle associazioni che si occupano di assistenza ai malati di tumore e promuove la campagna “morte con dognità”, a sostegno di coloro che scelgono l‘eutanasia piuttosto che lasciarsi trascinare dalla malattia degenerativa e che non hanno le stesse opportunità che ha lei, con la famiglia che ha cambiato residenza, lavoro, trovando una nuova casa in Oregon.

eut_0L’intervista, registrata lo scorso 28 agosto, messa oggi in onda e pubblicata sul web dalla radio, tratta di eutanasia. Damiana era malata da sclerosi multipla da quattordici anni, e ha scelto di praticare l’eutanasia in una clinica svizzera.

A raccontare la sua storia è RadioRadicale che ha intervistato la donna poco prima che partisse per trovare pace grazie al suicido assistito in Svizzera. Il video toccante dell’intervista a Damiana fa riflettere sul diritto di vita e di morte e sul concetto di vita: cos’è la vita? Quando la vita è davvero vita? “La vita è godere di quello che c’è” spiega la donna.

“Damiana, 68 anni, era affetta da sclerosi multipla, una malattia degenerativa che piano piano l’ha privata della sua autonomia.
Nonostante abbia fatto tutte le terapie necessarie la degenerazione andava avanti. Si è messa in contatto con Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, con cui si è incontrata già 3 anni fa. A quel tempo aveva ancora un po’ di autonomia ma poi, con l’aggravarsi della situazione, ha deciso di trovare una via di uscita” fa sapere l’associazione Coscioni.

Damiana nel video di 15 minuti ha tra l’altro dichiarato: “Avevo dolori atroci alle gambe. Non volevo aspettare di rimanere paralizzata. La mia dignità mi impedisce di ricevere assistenza per l’igiene e per la nutrizione. Uno che ha amato la vita, che è poter godere di quello che c’è fuori, e poi gli viene negato tutto….la vita non ti appartiene più. Ho speso 10000 euro per andare a morire in Svizzera. E chi non può permetterselo? Come fa? Rimpiango di non aver fatto tutto in Italia. Io vado in Svizzera ma spero che le altre persone possano finire dolcemente in Italia”.

Una legge di iniziativa popolare è ferma da un anno in parlamento. ”Ci sono persone che fanno scelte diverse in condizioni peggiori, ed è un dovere garantire loro l’assistenza necessaria – ha ricordato Marco Cappato, tesoriere dell’associazione – il punto non è valutare se una vita sia degna di essere vissuta, ma garantire un diritto civile”.

 Damiana e’ morta lo scorso 4 settembre, due giorni dopo essere partita per la Svizzera.

dignitasLa Svizzera è zona franca nel cuore dell’Europa (ma anche a livello mondiale) per l’eutanasia medicalmente praticata o per il suicidio assistito. E i numeri confermano.
I viaggi con questo obiettivo verso la Svizzera da altri Stati europei sono mediamente raddoppiati in 4 anni (da 2009 a 2012). Ed è più che quintuplicato il «turismo suicida» dall’Italia nello stesso periodo. A evidenziarlo è uno studio pilota pubblicato dalla testata “Journal of medical ethics”.

Con lo studio pilota i ricercatori intendevano rilevare l’età, il sesso e il paese di origine dei “turisti del suicidio”, ma anche il metodo utilizzato e il genere di malattia di cui queste persone soffrivano. Per questo hanno analizzato i rapporti relativi agli esami medici e alle autopsie.

È risultato che questi candidati al suicidio assistito erano di età compresa tra i 23 e i 97 anni, per una media di 69 anni, e che oltre la metà (58,8%) erano donne.

Le persone desiderose di porre fine alla loro vita sono giunte da 31 diversi paesi: quasi i due terzi dalla Germania (268) e dalla Gran Bretagna (126). Seguono Francia (66), Italia (44), USA (21), Austria (14), Canada (12), Spagna e Israele (8 ciascuno).

I ricercatori di Zurigo sostengono che il fenomeno del turismo suicida ha aperto seri dibattiti in Germania, Gran Bretagna e Francia, le principali sorgenti di questo tipo di turismo.

Ma, sostiene Alison Twycross – curatore della rivista Evidence based nursing, altra pubblicazione edita dal British Medical Journal – «c’è da chiedersi se non sia meglio migliorare i servizi per le cure palliative, piuttosto che tentare di modificare la leggi che vietano i suicidi assistiti».

Il dibattito in Italia, invece, è in corso da anni senza molte apparenti vie d’uscita. «L’eutanasia è un diritto che va affrontato. Non si possono ignorare casi come quello del regista Mario Monicelli che a 95 anni si è buttato dalla finestra di un ospedale. Un finale ignominioso per un uomo di cultura che ha finito la sua vita in una pozza di sangue. Questa non è civiltà», ripete quanto espresso più volte l’oncologo Umberto Veronesi.

Nel nostro Paese c’è chi si batte da tempo per una legge. L’Associazione Luca Coscioni e il comitato promotore EutanaSiaLegale hanno fatto firmare (e inviato alla Camera) un appello affinché il Parlamento affronti il tema. Sessantacinquemila le firme raccolte.
A parte la posizione della Chiesa al riguardo, c’è tanta ipocrisia e tanta omertà da infrangere. Basti pensare che si stimano in ventimila le eutanasie clandestine praticate in Italia soltanto nell’arco di tempo coincidente con quello dello studio svizzero.

Eutanasia minorile – Dopo l’Olanda, il Belgio è stato il secondo Paese europeo a munirsi della legge per legittimare l’eutanasia. Era l’anno 2002 e qualche mese prima l’Olanda aveva già ottenuto tutti i permessi del caso. Ora però, il Belgio vuole estendere l’eutanasia anche ai minori di 18 anni. Manca solamente il del Senato e poi sarà possibile anche per i minori ricorrere all’eutanasia.

Eutanasia per i minori – ecco le condizioni

Ci sono ovviamente delle condizioni da rispettare: saranno i medici a stabilire se sia il caso oppure no di ricorrere all’eutanasia. Come? Molto semplice, loro stabiliranno se la malattia è abbastanza grave e inoltre stabiliranno se il bambino o comunque il minore, sia abbastanza maturo per decidere autonomamente se morire oppure no. Nonostante ci sia l’ostacolo dei cattolici, il resto dei partiti e d’accordo sulla legge, che presto verrà varata con successo.