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bd8aa360452159ef4fa6fa01d9c6c215-1622-k8PF-U10301883187908bYG-568x320@LaStampa.itPapa Francesco è andato in Calabria appena due settimane fa e da li ha lanciato un duro monito contro i mafiosi da scomunicare pubblicamente.

Pochi giorni fa un vescovo calabrese  ha chiesto di abolire la figura del padrino per il battesimo e per la cresima. Un provvedimento secondo il religioso utile per combattere la ‘ndrangheta.

Ma ancora oggi ci son preti che si inchinano e fanno inchinare la madonna davanti ai boss, è successo a Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria: una città nota per una delle più cruente guerre di mafia calabrese. La notizia è stata diffusa dal Quotidiano della Calabria.

Come da tradizione era in corso la processione della Madonna delle Grazie: a un certo punto il corteo si è fermato per alcuni secondi quando la statua preceduta da sacerdoti e mezzo consiglio comunale è arrivata all’incrocio tra Corso Aspromonte e via Ugo Foscolo, dove vive il boss del paese, l’82enne Giuseppe Mazzagatti. La processione si è dunque fermata e vi è stato l’inchino dinanzi casa di Mazzagatti, già condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso. Un boss ancora potente che da tempo è agli arresti domiciliari per motivi di salute.

Un omaggio che non è piaciuto al maresciallo dei carabinieri Andrea Marino che aveva già avvisato gli organizzatori di non fare gesti particolari o inchini durante il tragitto.

“C’è un’informativa che è già alla nostra attenzione e che sarà consegnata alla procura circondariale di Palmi e alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Il comandante di stazione ha fatto il suo dovere e ha compiuto un atto di servizio, ma nessuno ha abbandonato il corteo. Non spetta a noi condannare, il nostro compito è quello di informare l’autorità giudiziaria”. Bisogna poi considerare che nessuno, infatti, tra le autorità civili e religiose presenti avrebbe lasciato il corteo dopo il gesto”.

omicidio-rea-ergastolo-con-tre-aggravanti-parolisiLa richiesta dell’accusa nel processo per l’omicidio di Melania Rea, moglie dell’imputato il marito caporalmaggiore Salvatore Parolisi è ergastolo senza attenuanti. Il 26 ottobre la sentenza.

Il Pm Davide Rosati ha espresso le ragioni della crudeltà con cui Parolisi ha ucciso senza motivi Melania Rea, quando era indifesa. Inoltre l’accusa è vilipendio del cadavere, perché l’uomo è tornato al Bosco delle Casermette per infliggere altre nove coltellate affinchè fossero depistate le indagini. L’omicidio è avvenuto il 18 aprile 2011, in Abruzzo. Dunque minorata difesa, crudeltà e vilipendio del cadavere, le tre aggravanti.Tutto ciò merita l’ergastolo, ma senza isolamento diurno, per la riduzione della pena che prevede il rito abbreviato.

Parolisi ha ascoltato la sentenza della richiesta di ergastolo mentre giocava con una cartellina bianca. Lo zio di Melania Rea commenta dicendo: Sarà una sconfitta comunque vada, non sapremo mai la verità.