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Ebola

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Ed è arrivato il turno anche per il primo italiano, un medico in Sierra Leone di Emergency, di contrarre il virus Ebola. Subito sono state attivate le Unità di crisi della Farnesina e l’Aeronautica Militare per le conseguenti attività operative ed il trasferimento del paziente presso l’Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Il Ministro della Salute Lorenzin però rassicura gli italiani e invita alla calma: “Mi sento di rassicurare la famiglia che il nostro medico sta bene, non ha avuto febbre o altri sintomi durante la notte, stamattina ha fatto colazione e continua a bere in maniera autonoma, esprimo la mia vicinanza a lui e alla famiglia e assicuro che il governo italiano tutto è al fianco del nostro connazionale”.

Anche Emergency, intanto, ha dichiarato che il paziente sta bene, presenta i sintomi di Ebola ma la situazione è sotto controllo. Tutto lo staff impiegato nel Centro di cura per i malati di Ebola di Emergency segue infatti tutti i protocolli di protezione per evitare il contagio e la diffusione del virus. Il medico che è stato contagiato lavorava nel Centro per malati di ebola di Lakka, in Sierra Leone. E’ stato predisposto il trasferimento del medico con trasporto ad alto biocontenimento.  Durante la notte il medico arriverà in Italia, e sarà ricoverato a Roma.

Nessun rischio per la comunità, però, come conferma Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore della sanità: “siamo già da tempo pronti a questa evenienza e lo Spallanzani di Roma è attrezzato per gestire al meglio la situazione”. Ricordiamo intanto che in Sierra Leone la situazione è drammatica: si registrano infatti oltre 100 nuovi casi al giorno. Secondo i dati dell’OMS, sono oltre 5.000 I malati di Ebola nel Paese: “L’epidemia di Ebola ha mostrato drammaticamente i problemi che affliggono i sistemi sanitari africani: conoscenza inadeguata delle cause e della prevenzione dalle malattie nelle comunità, e sistemi sanitari carenti”, ha affermato Teguest Guerma, direttore genelare di Amref.

ebola isolamento vicenzaPaura e allarme anche in Italia per il virus Ebola, dopo che 11 soldati americani di ritorno dalla Liberia (stato africano particolarmente colpito dall’epidemia) sono stati messi in isolamento per 21 giorni. Non si tratta di malati, però, va precisato: nessuno degli 11 soldati presenta infatti alcun sintomo riconducibile all’Ebola.

I soldati attualmente si trovano nella base militare di Vicenza, dove resteranno per 21 giorni, per il cosiddetto periodo di incubazione, periodo durante il quale saranno monitorati notte e giorno senza possibilità di contatto con le famiglie. I soldati a Vicenza sono stati accolti dai carabinieri che indossavano tute protettive anti-Ebola. Tra i soldati c’è, tra l’altro, il generale Darryl Williams, comandante della base Usa in Africa, che ha voluto rassicurare i cittadini italiani: «Stiamo benissimo. La probabilità che qualcuno di noi abbia contratto il virus di Ebola è quasi zero».

Si tratta più che altro di una misura precauzionale, come afferma l’ambasciata americana a Roma: «il rischio potenziale di infezione è basso, dal momento che in Liberia i militari non hanno avuto contatto con persone contagiate dal virus». Anche il sindaco di Vicenza Achille Variati vuole rassicurare la popolazione sul fatto che si tratta soltanto di una precauzione, forse eccessiva, ma necessaria, e che sarà ripetuta per tutti coloro che tornano da Paesi ad alto rischio: «Il Prefetto e le autorità militari americane mi hanno assicurato che tutti i militari tornati dall’Africa sono sani. Nessuno di loro presenta i sintomi dell’Ebola». Anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha voluto dire la sua, parlando anche del rischio derivante dall’immigrazione incontrollata nel nostro Paese: «Quanto sta accadendo a Vicenza è il segno del pericolo tangibile dell’epidemia di Ebola, anche se le autorità italiane avevano minimizzato. Credo che un Paese civile di fronte a un esodo biblico di immigrati ha il dovere e l’obbligo di alzare le barriere».

Comunque, si tratta soltanto dell’applicazione del protocollo internazionale di sicurezza, firmato anche dall’Italia, che prevede una ‘quarantena’ di 21 giorni.

ebola-peterpiot-ebolaSecondo l’esperto Peter Piot, il virus dell’Ebola presto colpirà la Cina. L’affermazione deriva da alcune considerazioni: molti sono i cinesi che lavorano in Africa e nell’aeroporto di Hong Kong non sono in atto misure di cautela adeguate per scongiurare l’ingresso di passeggeri malati in Cina. Infatti all‘aeroporto di Hong Kong, si effettuano la misurazione della febbre ma sarebbe molto più adeguato sottoporre i passeggeri in ingresso e provenienti dall’Africa alle analisi del sangue.

Le analisi del sangue sono meno costose e più adeguate per verificare le condizioni di salute dei passeggeri ed individuare eventuali persone infette dal virus dell’Ebola. Peter Piot afferma che nei prossimi sei/dodici mesi si assisterà ad un picco dell’epidemia, la quale però poi andrà a diminuire.

Ancora non si hanno le prove scientifiche che la trasmissione del virus dell’Ebola avvenga per via aerea, mentre si sa che essa avviene tramite fluidi corporei, per questo sono fondamentali le analisi del sangue su persone potenzialmente infette. Occorre ricordare poi che il virus ha un’incubazione di almeno 21 giorni.

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Sono stati superati ormai i diecimila casi di Ebola in tutto il mondo, stando a quanto è stato dichiarato oggi dall’Organizzazione mondiale della sanità. In totale, si contano 4.922 decessi, e solo 27 casi di contagio sono stati registrati al di fuori dei tre paesi africani maggiormente colpiti: Guinea, Sierra Leone e Liberia. L’ultimo bollettino dell’Oms, poi citato dalla Bbc, riporta che in tutto il mondo i casi totali di contagio sono 10.141: la Liberia è sicuramente il Paese maggiormente colpito, con 2.705 vittime. In Sierra Leone sono decedute 1.281 persone, in Guinea 926. Nove persone sono morte in Nigeria, che tuttavia ormai è stato dichiarato dall’Oms ‘Ebola free‘. Il primo caso invece è stato registrato in Mali, un paese africano che finora non era stato toccato dall’epidemia: il paziente è una bambina di due anni, purtroppo deceduta.

Ma anche l’occidente ha paura: l’ebola è infatti arrivata anche a New York, la città più popolata degli Stati Uniti. Si tratta questa volta di un medico che nelle settimane scorse aveva lavorato in Africa occidentale, e al momento ricoverato al Bellevue Hospital, l’ospedale pubblico che gestisce l’epidemia a New York, perché aveva tutti i sintomi che facevano pensare al peggio. In serata il contagio è stato confermato. Intanto il sindaco de Blasio e il governatore dello stato Cuomo hanno immediatamente risposto alle domande in una conferenza stampa, per rassicurare i cittadini : “Non c’è ragione – ha detto de Blasio – per preoccuparsi. Sapevamo che poteva accadere e siamo preparati a fermare il contagio”. L’appartamento del paziente zero di New York è stato sigillato; tutti gli inquilini del suo palazzo sono stati informati sulla malattia, e sono stati posti in isolamento tutti coloro che possono aver avuto contatti diretti con il medico. De Blasio ha anche affermato che, per quanto gli investigatori hanno potuto scoprire finora, il medico ha avuto contatti stretti solo con una manciata di persone, tutte già rintracciate.

Ebola: Oms, peggior epidemia degli ultimi 40 anniPer sconfiggere il virus Ebola serve un lavoro comune di coordinamento europeo. Ecco le ultime novità riportate oggi dai giornali in merito alla terribile epidemia che sta terrorizzando non solo l’Africa, ma anche il mondo occidentale. E’ guarita l’infermiera spagnola che si era ammalata a Madrid, e a quanto pare anche la dottoressa norvegese, infettata durante un viaggio in Sierra Leone, non ha più il virus. L’annuncio ufficiale viene da Medici senza Frontiere: «Siamo felici nell’avere appreso che la nostra collega è guarita», ha detto un portavoce di Msf Norvegia, Jonas Haagensen.

Le terapie per guarire dall’Ebola sono però costosissime, stando a quanto si legge su Der Spiegel: il paziente curato in Germania è costato infatti due milioni di euro. L’uomo è già stato dimesso, ma le spese sono state davvero esorbitanti.

Intanto, si auspica la nomina di un coordinatore unico per la lotta contro il virus; tutti i ministri europei degli Affari Esteri unanimemente vogliono nominare un coordinatore europeo per la lotta contro l’Ebola. Ecco come si è pronunciato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, alla fine della riunione del Consiglio Affari Esteri della Ue tenutosi oggi a Lussemburgo: «Il nome sarà scelto nei prossimi giorni». Probabilmente c’è già un nome nell’aria, ma i ministri mantengono il più assoluto riserbo. «È un passo molto importante perché è necessario che tutto il mondo lotti contro questa epidemia molto grave» ha affermato poi Fabius. Infatti, oltre ai paesi africani dove l’emergenza rimane grave, come Liberia, Sierra Leone e Guinea, ce ne sono altri che sono finalmente riusciti a fermare l’epidemia, come il Senegal e la Nigeria. 

Anche il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, venerdì scorso ha nominato l’avvocato Ron Klain come super commissario, ribattezzato “zar”, per l’emergenza sanitaria da Ebola nel Paese. L’esigenza di un coordinatore unico si fa quindi sempre più forte.

ebola vaccino 2016Contrariamente a quanto si credeva fino a qualche giorno fa, non sarà pronto un vaccino contro l’Ebola, il terribile virus che sta terrorizzando anche l’Europa, almeno fino al 2016. Durante tutto l’anno prossimo, il 2015, resteremo dunque ‘scoperti’. Il vaccino in questione sarà messo a punto dalla casa farmaceutica GSK (GlaxoSmithKline), che sta operando anche a Pomezia, in provincia di Roma. Si era annunciato precedentemente che ben 10mila dosi del vaccino, atteso dall’OMS, fossero pronte per l’inizio del 2015.

Ma da Londra oggi è arrivato l’annuncio: “Prima di poter utilizzare il vaccino – ha dichiarato Ripley Ballou, capo del programma di ricerca sui vaccini – abbiamo bisogno di ulteriori test sulla sua efficacia e sicurezza e non saremo pronti prima della fine del 2015. Di conseguenza, il farmaco verrà commercializzato all’inizio del 2016 e quindi non può essere considerato come una risposta all’epidemia in corso”. Insomma, sono necessari ulteriori test: il mondo non speri di avere un vaccino entro il 2015. Intanto, l’Ebola potrebbe aver fatto moltissime altre vittime in tutto il Pianeta: come potremo difenderci?

Tuttora sono in corso i test di fase 1 del vaccino su volontari sani in USA, Gran Bretagna e alcuni paesi africani; nel caso in cui non vengano riscontrati effetti collaterali, si procederà ai test di efficacia. Servirà poi altro tempo per elaborare i dati e capire quanto dura l’effetto del vaccino. Bisognerà trovare il modo di produrlo su larga scala. Nel 2016, afferma lo stesso Ballou, sarà troppo tardi per intervenire su questa epidemia, ma ci sarà d’aiuto per le prossime ondate che potrebbero verificarsi. Sebbene una maggiore cautela nei test e nella sperimentazione sia necessaria, ha decisamente reagito con rabbia e delusione Medici senza Frontiere, in prima linea nella battaglia contro l’Ebola: “Nessuno sa quanto durerà l’epidemia, ma i nostri pazienti, gli operatori sanitari e la popolazione in Africa occidentale non possono permettersi di aspettare: è troppo tardi”, ha affermato Manica Balasegaram. Che sia tardi è ormai evidente.

ebola texasContinua il contagio da Ebola, almeno negli Stati Uniti, tra coloro che hanno avuto contatti con il cosiddetto ‘paziente zero’, deceduto qualche giorno fa. Oggi infatti una seconda infermiera in Texas è risultata positiva al test del virus Ebola, come riferito dal dipartimento dei servizi sanitari locale. E’ già il secondo caso del Texas Presbyterian Hospital di Dallas. Anche questa seconda infermiera ha avuto dei contatti con Thomas Duncan. Ci sono, purtroppo, forti possibilità che il contagio si diffonda in Texas, dove al momento sono state messe sotto controllo 75 persone entrate in contatto con il paziente liberiano.

Il bilancio dell’epidemia, per ora, giunge a 8914 casi, e si pensa raggiungerà i 9mila casi entro la settimana corrente. I decessi sono circa la metà, con una mortalità quindi del 50%. Intanto, in Europa, un contagiato è morto in Germania, il primo caso di decesso del Paese; era un dipendente africano dell’Onu portato a Lipsia direttamente dalla Liberia. Rientrato l’allarme a Bruxelles, invece; in Colombia un uomo ha manifestato sintomi preoccupanti, ma non c’è per ora alcuna conferma.

Intanto, come riporta un comunicato dell’European Center for Diseases Control, è necessario «rafforzare e rendere più efficaci i controlli in uscita dai tre Paesi focolai di ebola». L’Onu e il suo Consiglio di Sicurezza oggi si è riunito per discutere del contagio e della possibile pandemia: si pensa a nominare una sorta di superministro per affrontare l’emergenza Ebola, come richiesto dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Sempre nella giornata odierna si terrà un colloquio tra Obama, Renzi, Merkel, Hollande e Cameron per discutere anche dell’emergenza Ebola.

Polemiche intanto al Presbyterian Hospital di Dallas, poiché gli operatori sanitari hanno sostenuto che non erano state fornite loro indicazioni su come trattare il paziente zero, Duncan. La versione ufficiale è un’altra, cioè che esistesse un ben preciso protocollo. «Il Cdc dice che il protocollo è stato violato ma le infermiere dicono che non c’erano protocolli», afferma Roseann DeMoro, capo del sindacato nazionale delle infermiere.

ebola zuckerbergE’ sicuramente uno degli uomini più ricchi del mondo, seppure giovanissimo, Mark Zuckerberg, il creatore di Facebook. Ma è anche un uomo attento a ciò che succede nel mondo e pronto a donare del suo per il bene comune: è notizia di oggi che il multimiliardario avrebbe donato 25 milioni di dollari in beneficenza per sconfiggere il rischio Ebola in tutto il mondo.

In un comunicato ufficiale, Mark afferma: “Priscilla (Chan, sua moglie) ed io abbiamo donato 25 milioni di dollari alla CDC Foundation per dare una mano nella lotta all’Ebola”. Lui stesso sottolinea come ormai l’epidemia ha raggiunto un punto critico, sono state infettate 8400 persone, e il virus si sta rapidamente diffondendo. Per questo ha deciso di combattere contro una minaccia alla salute globale.

Anche altri filantropi e milionari di tutto il mondo, nei mesi scorsi, hanno fatto ingenti donazioni. Ad esempio, a settembre la Fondazione di Bill & Melinda Gates ha donato 50 milioni di dollari alle agenzie e alle organizzazioni internazionali che operano nei Paesi più colpiti da Ebola; il co-fondatore di Microsoft, Paul Allen, ha donato 20 milioni di dollari, oltre ad aver lanciato la campagna Tackel Ebola (“Contrasta l’Ebola”). E in Africa non ha mancato al suo dovere Aliko Dangote, l’uomo più ricco del continente.

Ma non tutti hanno pensato a fare beneficenza; c’è anche chi vuole speculare su una malattia purtroppo pericolosissima. Una società del Nevada, la Blue String Ventures, ha infatti messo in vendita il dominio Ebola.com, che ovviamente balzerà in cima a tutti i risultati di ricerca quando qualcuno cercherà su google la parola ‘Ebola’. Il presidente della Blue String Ventures, Jon Schultz, aveva acquistato il dominio nel 2008 in compagnia del suo socio Chris Hood. Da allora i due vendono domini di interesse generale, vedi Fukushima.com, dopo che è avvenuta una tragedia. Ebola.com è al momento in vendita a 150.000 dollari: sarebbe bello se anche questo denaro fosse impiegato per aiutare la ricerca scientifica.