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usa obama telefonate spiateL’Havana si è svegliata letteralmente tappezzata di manifesti che fino a qualche anno fa potevano essere considerati pura fantascienza, o lo scherzo di qualche artista del luogo. “Bienvenido a Cuba” con le immagini del presidente recitavano infatti le affissioni sparse in ogni strada della Havana Vieja che si è preparata ad accogliere il presidente degli Stati Uniti dopo ben 88 anni di contrasti fra i due Stati.

Barack Obama è sbarcato sull’isola per una storica visita di tre giorni che si concluderà il 22 marzo, accompagnato dalla moglie Michelle, dalle figlie Malia e Sasha e dalla suocera Marian Robinson. Il presidente è quindi sceso dall’Air Force One reggendo un ombrello che ha usato per riparare la moglie dalla pioggia, sorridendo felice al ministro degli esteri, massima autorità presente, Bruno Eduardo Rodríguez Parrilla che era giunto all’aeroporto per accoglierlo. Ad attendere Obama e la sua famiglia c’erano diversi diplomatici americani e cubani, mentre Raul Castro accoglierà il presidente nei suoi appartamenti, una scelta che forse è stata portata avanti per non dare troppa risonanza all’evento, che si rivela essere di portata storica e internazionale per l’isola cubana.

Obama ha nel frattempo definito il suo viaggio come “Una opportunità storica di impegnarsi con il popolo cubano”. Considerando che l’ultimo presidente Usa che visitò l’isola fu Calvin Coolidge nel 1928, il quale arrivò con una nave da guerra in tre giorni, Obama ci ha messo tre ore in aereo, quindi si tratta di cambiamenti decisamente importanti, per il futuro di Cuba e di tutto il suo popolo.

Cuba ha infatti vissuto quasi cent’anni di embargo, e per sdrammatizzare la situazione, lo stesso Barack Obama si è prestato ad interpretare una scenetta che è stata trasmessa dalla tv locale cubana, dove dialogava con Panfilo, personaggio iconico della tradizione isolana. Si è trattato di uno sketch, che si è proposto di rendere più leggera la visita del presidente e di farla conoscere anche alla fascia di popolazione meno abietta, ma forse più incuriosita dal cambio di scena epocale che la visita di Obama potrebbe rappresentare per la storia di Cuba.

Pope Francis in CubaIeri papa Francesco è sbarcato a Cuba e ha celebrato la messa nella Plaza de la Revolucion davanti a ben 500mila persone in fremente attesa. Il pontefice ha concentrato la sua omelia e le sue parole sulla necessità di portare avanti una vita autentica, ricca di impegno per il prossimo e basata sul concetto di servizio. Si è trattato di un discorso strettamente legato alla necessità di aiutare gli altri, un fatto che nei paesi poveri chiede di essere sottolineato per non perdere umanità. Il papa ha quindi concentrato le sue parole su questo tema e ha concluso il suo discorso con un accenno politico, affermando che ‘non servono le ideologie ma le persone, e chi non vive per servire non serve per vivere’.

Dopo la messa nella centralissima pizza il papa si è recato a far visita a Fidel Castro e i due hanno avuto un lungo dialogo, quasi quaranta minuti durante i quali era presente anche la moglie di Fidel e in cui sono stati toccati tanti argomenti, con particolare attenzione al tema dell’ambiente. Il papa ha regalato al leader una copia della sua recente enciclica Laudato Si e due libri, uno dei quali sul rapporto fra umorismo e fede; invece il leader maximo ha donato al pontefice un volume dal titolo ‘Fidel e la religione’ un libro speciale che raccoglie un’intervista a Fidel Castro realizzata negli anni Ottanta da un teologo brasiliano. La visita di ieri del papa si è conclusa con l’arrivo al Palacio de la Revolucion e con un lungo dialogo con Raul Castro.

La domenica è stata quindi dedicata alla folla, alle tante persone cubane che sono accorse in Plaza de la Revolucion per sentire le parole del papa. Attesa da tutto il mondo, la messa si è tenuta sotto l’iconografia gigantesca di Che Guevara che campeggia nella piazza e sotto un cartellone gigante che riportava la scritta ‘misonero de misericordia’ con una foto del papa e di madre Teresa di Calcutta, un simbolo che si impegna a diffondere un messaggio di pace e di amore nelle terre americane e caraibiche che il papa sta visitando in questo suo lungo viaggio di fine settembre.

castro-okEx bodyguard  Juan Reinaldo Sánchez ha scritto insieme al giornalista francese Axel Gylden un libro “La Vie Cachée de Fidel Castro”,  La vita nascosta di Fidel Castro.

Ex bodyguard descrive la vita del  Lider maximo durante i diciasette anni in cui ha prestato servizio. Contrariamente a quello che ha sempre raccontato,” Fidel non si è mai sentito obbligato a seguire l’austera vita del buon rivoluzionario , si legge nel libro , e non ha mai rinunciato ai comfort offerti dal capitalismo”.

Che a sentire Sánchez comprendevano l’Aquarama II, uno yacht superlusso alimentato da quattro propulsori spediti a Castro direttamente dal presidente dell’allora Urss, Leonid Brezhnev, e l’isola privata di Cayo Piedra, a sud della Baia dei Porci, dove Fidel intratteneva selezionatissimi ospiti come Gabriel García Márquez, senza dimenticare l’immensa tenuta de L’Avana completa di pista da bowling, campo da basket e centro medico perfettamente attrezzato. “Castro non andava mai da nessuna parte senza due donatori di sangue e almeno dieci guardie del corpo, una delle quali doveva segnare ogni cosa che faceva su un blocco degli appunti “per la storia”, continua Sánchez  . E poi spiava chiunque, compreso Hugo Chávez, e teneva sempre una pistola nei piedi quando era sulla Mercedes presidenziale”

Ma della vita di Fidel nessuno ne parlava, e di sicuro nemmeno la stampa, i cubani non immaginavano certo la vita da nababbo e le tante amanti del loro idolatrato Lider maximo. “Fino agli anni Novanta non ho mai fatto troppe domande su come funzionasse il sistema perché è così che fanno i bravi soldati, limitandosi ad eseguire gli ordini” , racconta ancora l’ex bodyguard. “Vedevo Castro come un dio, mi bevevo ogni sua parola, credevo a tutto quello che diceva e lo seguivo ovunque, tanto che sarei morto per lui. Ma poi ho capito che aveva mentito, per lui la ricchezza era uno strumento di potere e sopravvivenza politica ed era convinto che Cuba fosse di sua proprietà”.

“È la prima volta che qualcuno della cerchia intima di Castro, uno che era parte del sistema e che ha assistito agli eventi in prima persona, decide di parlare dice, Axel Gyldén al Guardian ,  e questo racconto cancella l’immagine che abbiamo sempre avuto di Fidel, che con il suo stile di vita non contraddiceva solo le sue stesse parole, ma la sua stessa psicologia e le motivazioni che lo muovevano”.

Il libro uscirà il  prossimo 28 maggio per le edizioni Michel Lafon.