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Vaticano: pagare le tasse?

In tutto il turbinio vorticoso delle proposte di tagli alla spesa pubblica, contributi di solidarietà, patrimoniali e lotta all’evasione, l’attenzione si è pian piano spostata verso ciò che accade sull’altra sponda del Tevere, coinvolgendo il Vaticano.

I più agguerriti in questo senso sono i Radicali, che hanno hanno denunciato gli enormi privilegi di cui gode l’immenso patrimonio immobiliare della Chiesa, esente da Ici, non applicabile perchè si tratta di immobili destinati ad attività di culto, assistenziali o educative. L’Associazione del Comuni italiani quantifica questo privilegio in un importo fra i 400 e i 700 milioni di euro ogni anno.

La proposta dei Radicali non è però quella di imporre tasse alle parrocchie o alle scuole private, quanto piuttosto quella di portare alla luce l’area dell’elusione, quell’area cioè che comprende attività commerciali o strutture alberghiere, tenute invece al pagamento delle imposte, mascherate da luoghi di culto o da attività cosiddette “meritevoli”.

Riferendosi ai dati pubblicati dal Gruppo Re (religiosi e ecclesiastici), che si occupa di gestione immobiliare e che dal 1984 agisce nel mercato degli enti religiosi, il patrimonio della Santa Sede rappresenta il 20% del patrimonio immobiliare italiano, che comprende quasi 9000 scuole, più di 4500 centri sanitari e una quota di oltre 26000 strutture che si collocano a metà strada fra le attività didattiche e le attività commerciali e sulle quali cade il sospetto dell’elusione fiscale; solo per fare un esempio, a Roma, dove quasi un quarto degli immobili è di proprietà del Vaticano, vi sono, accanto alle scuole, ai conventi e alle parrocchie, almeno 200 case che funzionano come strutture alberghiere e che, per il fatto di essere classificate come abitazioni o luoghi di culto, sono esenti dal pagamento dell’Ici.

Se poi alle esenzioni si aggiungono i vantaggi derivanti dall’8 per mille, l’area di privilegio aumenta sensibilmente fino a raggiungere la cifra colossale di  3 miliardi di euro, che sfuggono al controllo della contabilità dello  Stato. Per questo i Radicali chiedono un dimezzamento del contributo volontario, introdotto più di due decenni fa come per reperire fondi destinati ad attività sociali, possibilità questa contemplata dalla legge in caso di aumento di gettito fiscale. Considerato che, per effetto dell’8 per mille, circa un miliardo di euro sfugge dalle casse dello Stato, la riduzione del 50% del contributo volontario avrebbe l’effetto di far entrare nelle casse dello Stato almeno 500 milioni di euro, importo tutt’altro che trascurabile.

Dal canto suo, “Avvenire”, nell’esprimere un suo parere sulle valutazioni dei Radicali, afferma con decisione che la Chiesa cattolica, così come tutte le confessioni religiose che hanno stipulato un accordo con lo Stato italiano, non gode di alcuna forma di privilegio fiscale e dichiara che, già come in passato, l’ago della bilancia di sta spostando verso l’applicazione di maggiori oneri fiscali, anzichè puntare su una effettiva e reale  lotta all’evasione fiscale, vero grande problema del nostro Paese.

La proposta dei Radicali ha trovato contraria anche l’area cattolica del centrodestra e del centrosinistra, che ha giudicato viziata da una pericolosa forma di anticlericalismo, secondo gli esponenti di Futuro e Libertà, e profondamente ingiusta, secondo Casini e Rosy Bindi, in quanto non sembra tenere conto del ruolo fondamentale che la Chiesa svolge nell’aiuto dei bisognosi.

Il popolo del web, tuttavia, la pensa in modo diverso.

Su Facebook è nata infatti una pagina, Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria, che ha superato ormai le 70 mila adesioni, in cui si moltiplicano i commenti degli utenti che chiedono un atto di responsabilità, di coraggio e di generosità da parte della Chiesa in un momento di così grande difficoltà per il nostro Paese.